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Nabui, valorizzare il territorio con la tecnologia

Roberta Falcone, responsabile dell’Heritage Tourism Programme della società Nabui racconta del progetto del Nuraghe Losa e il Pozzo Sacro di Santa Cristina

Nabui

La Sardegna è una regione che va vista su più livelli. La bellezza s’intensifica via via che si entra più in profondità, scoprendo non solo i valori riconosciuti in tutto il mondo, ma anche quelli più nascosti. Su questi serve uno sforzo congiunto, non solo dei turisti desiderosi di avventure, ma anche dei residenti che vogliono raccontarsi nel modo più autentico possibile. Nabui è questo. Una società che vuole riempire lo spazio lasciato in ogni borgo, attraverso due concetti fondamentali che sono la condivisione e l’innovazione. Due termini che vanno di pari passo quando si tratta di rilanciare il patrimonio di diverse zone d’Italia.

Cos’è dunque Nabui in poche parole?

Nabui è la prima società benefit in Sardegna, che si occupa nello specifico di ricerca e sperimentazione nell’ambito delle scienze umanistiche con un focus sulla creazione di nuovi modelli capaci di valorizzare al massimo il territorio sardo. Lo abbiamo fatto già in passato con Nughedu Welcome, uno dei nostri progetti più noti, dove l’intera comunità (Nughedu Santa Vittoria) si è attivata creando un sistema di accoglienza turistica su l’intera area. E lo stiamo facendo ora con il progetto del Nuraghe Losa e il Pozzo Sacro di Santa Cristina, grazie all’uso di tecnologie come realtà virtuale e intelligenza artificiale.

Come sviluppate il vostro percorso?

Riteniamo che qualsiasi progetto di rigenerazione debba sempre partire da una riappropriazione della comunità dei propri spazi. Quando una comunità partecipa allo sviluppo del proprio territorio, da lì si può ripartire con dei progetti turistici e culturali di ampio respiro.

I cittadini da questo punto di vista hanno un ruolo fondamentale

Esattamente. Proprio per questo il cuore del nostro processo deve partire sempre da una ricerca sul territorio, che guardi sia alle risorse culturali materiali che a quelle immateriali come storie, ricordi e tesori nascosti e tramandati dalla comunità.

Com’è partita l’idea della realtà virtuale e dell’IA al Nuraghe Losa e il Pozzo Sacro di Santa Cristina?

Tutto è nato dopo aver ascoltato la popolazione locale. Da lì siamo riusciti ad estrapolare delle storie che potevano essere veicolate in maniera efficace grazie alla realtà virtuale e all’intelligenza artificiale sfruttando la tecnologia dei chatbot. Musei, siti archeologici o spazi museali usano spesso la VR per le ricostruzioni storiche. In questo caso Nabui ha voluto ragionare più sull’esperienza emotiva, creando due cortometraggi ambientati in quei luoghi e basati su quei racconti. L’utente si troverà dunque a vivere un’esperienza inedita che sfrutta le potenzialità del linguaggio cinematografico come esperienza aggiuntiva e ad integrazione della parte storica e archeologica che già esiste, grazie a delle ottime guide presenti nei diversi siti. Questa tecnologia è stata subito apprezzata dal pubblico in fase di testing, permettendo di vivere un’esperienza davvero inedita.

E che mi dice dell’intelligenza artificiale?

Con le chatbot stories il visitatore, inquadrando i QR Code presente nei due siti, accede ad un sistema di messaggistica integrato sulla piattaforma Messenger dove può interagire con alcuni dei personaggi legati a quelle storie. Uno strumento basato sullo storytelling che abbiamo creato appositamente per questi parchi, basato su personaggi dalla personalità ben definita. A Santa Cristina, per esempio, dove raccontiamo le vicende di Cristina, la bambina che ha dato origine a quel luogo secondo il mito, attraverso il chatbot il visitatore può instaurare un dialogo con la zia, la panettiera del paese che è l’unica a conoscere la storia e che lo porterà in giro per lo spazio archeologico.

Il prossimo passo sarà estenderlo alle altre realtà in Regione

Sicuramente sì. È un progetto a cui teniamo molto, e per questo dobbiamo lasciare passare del tempo ascoltando le varie impressioni e i feedback dei vari utenti. Ci piacerebbe replicare il modello, che non è solo tecnologico, ma è un processo che ci permette di interfacciarci con le comunità locali, dalla fase di ascolto fino all’uso degli strumenti più adeguati a valorizzare il patrimonio culturale del territorio, dai luoghi specifichi ai ricordi di chi ci ha vissuto.

Riccardo Lo Re

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