Connect with us

Sign up our newsletter

Get more inspiration, tips and exclusive itineraries

+
17 Giugno 2019

Rocketman – il biopic su Elton John


È il 2012 quando al Cala di Volpe si esibì un cantante che all’epoca stava per festeggiare i 50 anni di carriera. 7 anni più tardi, Elton John, dopo aver firmato dei brani e degli album che hanno segnato la storia del rock, annuncerà ufficialmente il suo ultimo tour mondiale che in questi giorni ha raggiunto la suggestiva Arena di Verona. La scelta di fermarsi non avrà reso felici i suoi fan che l’hanno sostenuto durante tutta la sua vita sul palco, ma di certo capiranno le sue ragioni che sono tutt’altro che futili.



L’energia unita al talento di Elton John non sono infatti mai venute meno, come mostrato dall’autore Dexter Fletcher in Rocketman, il biopic presentato in anteprima allo scorso festival di Cannes. Ma a portarlo per un po’ fuori dalla musica è il desiderio di veder davvero crescere i figli insieme al marito David Furnish. Può sembrare scontato, ma non per chi come Reginald Dwight (il suo nome di battesimo) nel corso dell’infanzia ha dovuto affrontare una famiglia che non gli ha nemmeno dato la soddisfazione di ricevere un abbraccio, neanche quando la sua dote innata lo porterà a calcare il palcoscenico del successo.



Prima di introdursi dentro le mura di casa del piccolo Reginald, il regista Dexter Fletcher in questo film ha voluto partire dalla fine, quando Elton si trova nel punto più basso della sua carriera. Il cantante, che starà per scontrarsi con i suoi demoni interiori, in quel lungo corridoio della clinica entra in campo con un vestito che spiega da solo l’indole dell’artista, un uomo che non pone freni all’eccesso a cominciare dall’abito arancione che esibisce delle corna e delle sontuose ali piumate.



Reginald Dwight, prima di diventare Elton John, era un ragazzo pacato, timido, che scopre la passione per la musica semplicemente ascoltando le note e ripetendole sui tasti del pianoforte di casa. Già questo è significativo del genio che stava dietro a un ragazzino come Reggie, ma evidentemente non basta a trasformarlo in un mito. Si potrà essere un grande musicista, ma a trasmettere emozioni e un messaggio unico servono dei testi e dei suoni capaci di entrare nella testa del pubblico come quelli di Elvis Presley, il primo artista a cui si è ispirato.



Se poi si aggiunge un carisma rimasto da qualche tempo nascosto dentro un corpo piccolo piccolo come quello di un ragazzo di provincia, ecco che sommandoli viene fuori un autore a tutto tondo come Elton. Lo stacco più bello di Rocketman avviene proprio lì, in quel passaggio dalla giovinezza alla sua prima (anche se non proprio ufficiale) esibizione in un locale della zona, a ritmo di un Saturday Night\'s Alright for Fighting che viene eseguita come se fosse uno dei classici musical della storia del cinema hollywoodiano.



Il suo vero debutto avviene però oltreoceano, al \"Troubadour\" di Los Angeles, dove si presenta al pubblico americano sorprendendoli con Crocodile Rock, un brano che, come ben descritto dal film di Dexter Fletcher, rappresenta il momento più importante della carriera di Elton John, che da quella grande performance non sentirà più la forza di gravità sotto i piedi. A percepirlo non è solo il pubblico del club. È soprattutto quello della sala che comincia gradualmente a sentire il valore di quei testi divenuti dei capisaldi della musica contemporanea.



Il pregio del film sta, a differenza di altri biopic musicali, nel mettere in relazione l’immenso talento dell’icona pubblica, capace di regalare delle performance assolutamente fuori dagli schemi, con la fragilità del personaggio nel privato.


Ed è qui che l’attore Taron Egerton, che per l’occasione interpreta in maniera convincente le canzoni di John, riesce a dare uno spessore sempre più profondo a una figura solitaria e che non riesce più a toccare terra.



Incapace di essere compreso da chi gli sta vicino, si rifugerà nell’alcool e nella droga in un vortice che non sembra avere un fondo. Ci vorrà molto, molto tempo per ritrovare le forze per uscirne e atterrare in un mondo che davvero accetti la sua identità, indipendentemente dalla sua capacità artistica che non è mai stata in discussione. Quello che è certo è che, una volta usciti dalla sala, diventa un’impresa ardua non riascoltare quella colonna sonora che per tutto l’arco narrativo si è impresso con prepotenza ed efficacia nella testa. Un pregio che solo pochi grandi della musica possiedono. Elton John è, senza ombra di dubbio, uno di questi.


Riccardo Lo Re

Inspiration

Connect with