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3 Settembre 2019

Quando la moda profuma di libertà



Come nasce il genio di Antonio Marras?
Intanto il genio bisogna trovarlo e credo che abiti da un’altra parte. La fatina dei geni era molto distratta quando sono nato io. Non è il mio caso.



Ammirando le tue collezioni si respira la libertà. È una sensazione ingannevole oppure una matrice della tua concezione di artista visionario?
Ho combattuto tanto per guadagnare e mantenere la libertà, pagando un prezzo altissimo. E se dai miei lavori si respira libertà allora sono felice di aver raggiunto un risultato così straordinario e unico. Infatti il mio obiettivo è di creare non solo per coprire, vestire, abbigliare ma anche per destare sensazioni.



Tu sei uno dei più creativi protagonisti della moda italiana e spazi in tanti settori dell’arte. È un’esigenza interiore o uno stile tutto tuo?
Non ho mai messo limiti, confini, barriere, muri tra discipline. Per cui lavorare con gli stracci o coi pennelli, trattare muri o realizzare collage o anche ceramiche e sculture, è sempre stato naturale. Sono costantemente spinto da curiosità, da esigenze, da bisogno, da urgenze che mi costringono dolcemente, e a volte dolorosamente, a spaziare tra arte, musica, danza, teatro, cinema, moda, scultura, poesia…



Di recente hai debuttato nella regia a teatro per il Cedac in uno spettacolo di grande impatto emotivo intitolato Mio cuore, io sto soffrendo, cosa posso fare per te? dal titolo di una canzone di Rita Pavone. Una “prima” e unica esperienza o l’inizio di un altro cammino che porterà nuove idee?
In realtà non faccio mai le cose fine a se stesse. Questo lavoro, che a settembre debutterà al Teatro dell’Elfo con tre date, va adattato, modellato, modulato, plasmato in base agli spazi e ai luoghi. Possono cambiare i protagonisti, i performer. L’ho fatto al PAC di Milano, il 4 agosto a Reggio Emilia in un chiostro grandissimo con un adattamento speciale. Ci tengo molto che venga rappresentato nei musei e in siti di particolare valore artistico affinché possa incuriosire lo spettatore che non resta indifferente. Potrà piacere o non piacere, ma, in ogni occasione, mi è stato detto che ha toccato alcune delle corde più profonde dell’anima.



Hai lavorato con Luca Ronconi, l’opera lirica è tra i tuoi progetti futuri?
Non escludo niente, sono sempre possibilista. L’esperienza con Luca Ronconi è stata meravigliosa. Un giorno, durante una cena, mi chiese di lavorare insieme. Non mi sembrava vero, per lui avrei anche pulito il palcoscenico. Nonostante la paura dello staff, che temeva l’incontro-scontro tra due caratteri forti e poco inclini alla diplomazia, tutto filò liscio e la nostra collaborazione fu un grande successo. Devo dire, però, che non amo fare i costumi. Spesso mi arrivano proposte per cinema e teatro, ma non sono interessato. Ho fatto solo questi per Ronconi, con la clausola di lavorare con la sartoria del Piccolo Teatro, e quelli per la Famiglia Adams di Stefano Benni, ma sono state esperienze assolutamente fuori dall’ordinario, irripetibili.



La tua firma è presente in piazzetta a Porto Cervo nella storica boutique Esmeralda di Marco Calatri. Un algherese in Costa Smeralda, da un paradiso all’altro. Come è stato il tuo incontro con il borgo creato dall’Aga Khan?
In realtà conosco poco la Costa Smeralda. Ci sono stato una volta grazie a Marta Marzotto, in altre occasioni durante fugaci impegni in notturna e spesso l’ho ammirata dal mare nel corso di gite in barca. Quindi non ho una visione completa. Ho notato che è un mondo a parte, meraviglioso, con un mare straordinario, un luogo ambito e agognato, un paradiso che tutti nel mondo conoscono. Un mirabile esempio di architettura concepita con intelligenza e attenzione che si è perfettamente amalgamata, confusa e mimetizzata nella macchia mediterranea.



Dopo trent’anni di successi internazionali, tu, che sei uno dei più illustri portabandiera della Sardegna nel mondo, in quali nuove esperienze vuoi ancora cimentarti?
Farò un progetto molto importante con la galleria d’arte di Rossella Colombari, dove sono esposti i lavori di Mollino, Gambone, Giò Ponti.
Rossella Colombari fa parte del gruppo Nomad, un collettivo che riunisce una ventina di importanti gallerie internazionali e, dal 5 all’8 settembre, a Venezia, in occasione della 58esima Biennale d’Arte, ci sarà una grande mostra a Palazzo Soranzo Van Axel.
Io porterò le mie ceramiche in un dialogo immaginifico con le opere di Giò Ponti.

L.P.

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