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11 Ottobre 2019

Bachisio Zolo: l’impegno a sostegno della disabilità


Bachisio Zolo, oltre che direttore dell’Unione dei Ciechi d’Europa e dello IERFP, l’Istituto europeo di ricerca e formazione orientamento professionale, è l’ultimo docente nato cieco della scuola sarda. Quarant’anni di insegnamento e una lunga serie di corsi a livello universitario per la formazione di personale a sostegno della disabilità.



Salvatore Niffoi, uno maggiori scrittori italiani, diventa un suo corsista proprio per poter scrivere il romanzo Il cieco di Ortakos: ne nasce una salda amicizia e, in uno scambio fraterno, una solida stima.
«Salvatore mi parlò di un progetto editoriale - ricorda Bachisio Zolo - tu sei uno scrittore io sono un attore della cecità, gli dico. Un attore mio malgrado nel senso che se la mia vita si è potuta omologare o paragonare a quella degli altri è sicuramente perché è stata tratteggiata di sofferenza e di combattimento.»



Salvatore Niffoi nel suo romanzo parla certamente di lui e, con l’espediente narrativo di un non vedente, accosta la vita di uno dei personaggi che nella storia moderna della Sardegna ha saputo apportare grandi istanze di progresso muovendo dalla pubblica istruzione.


«La Sardegna è fatta di due emisferi, in cui a quello a Nord - più ricco, meno popolato - si accosta quello a Sud a maggior pressione demografica e con una netta connotazione produttiva – Precisa Bachisio Zolo - oggi credo che nel Nord ci siano le condizioni ideali per un impulso turistico che si irradi all’intera isola. Non solo per via degli aeroporti di Olbia e Alghero o le navi di Porto Torres, ma per una comune presa di coscienza che sta maturando tra amministrazioni e cittadini. Oggi che anziani e persone disabili rappresentano una fascia importante per il turismo ci si accorge che, per le caratteristiche importanti della Sardegna, creare un centro residenziale funzionante come centro di formazione, socializzazione e informazione è un’auspicabile urgenza, una nuova forma di civiltà del benessere.»



Pur dichiarando una complessità nel dialogo tra associazione e istituzione, Bachisio Zolo si dimostra decisamente ottimista: «La nuova crisi è un’opportunità di cambiamento, non racconta niente di nuovo e ha riferimenti di motivazioni antiche. La difficoltà che sta attraversando oggi l’associazionismo ricalca la crisi politica in cui gli aspetti personali tolgono respiro alla partecipazione e alla collettività democratica. Ma a mio parere si stanno allontanando i cliché per cui i cittadini non hanno fiducia nelle istituzioni.»



Lo testimonia proprio dal suo osservatorio privilegiato da cui alla formazione si affacciano sempre più giovani intenzionati a cambiare vecchi stilemi. E sostiene che oggi esista una figura professionale che può fare da trait d’union tra vecchie istanze e nuove prospettive. Si tratta del disability manager: una professione di mediazione tra la collettività e le istituzioni. Un ruolo in grado di promuovere un ascolto attivo e una disamina attenta delle esigenze dell’attuale società per offrire e proporre soluzione alle istituzioni.



Quella di Bachisio Zolo è un’esperienza maturata da una lunga attività nel terzo settore e che ancora oggi non smette di rimanere adiacente al sociale: «Occorrono interventi legati ai progetti di vita, in Sardegna la dispersione scolastica è altissima perché la scuola professionale ti arena su figure non sempre e non subito spendibili nel turismo o nel mercato in generale. Quindi anche nella filiera della produzione locale è urgente trasferire una mentalità globale. Dovremmo riuscire ad orientare i giovani in questa direzione.»



E per prodotto di filiera non intende solo tutto ciò che va dal seme alla tavola. «Noi abbiamo prodotti particolari, come per esempio angurie squisite, eppure l’80 percento di questi frutti arrivano dalla Spagna. È urgente la formazione nei settori che rendono, evitare la penalizzazione dei costi di spostamento che, tra nave e aereo, si abbattono su di noi e sul pianeta. E le recenti iniziative in Costa Smeralda dimostrano come l’istituzione non sia aliena alla vita dell’intera isola.»



Parlando del proprio limite Bachisio Zolo sostiene che adagiarsi a una forma di pietismo presente a volte nelle persone intorno a noi, è una tentazione fortissima alla quale è difficile per alcuni versi sottrarsi: «Non ho mai voluto cedere, ho voluto fortemente accedere a una possibilità di autonomia e spero proprio di dare un’immagine di me come di un uomo che ha raggiunto degli obiettivi. Perché così mi sento oggi. Quando ho cominciato a studiare non c’erano certo gli strumenti odierni. L’informatica è stata per noi ciechi una vera e propria resurrezione - precisa con enfasi Bachisio Zolo - per voi vedenti l’avvento del computer ha semplificato operazioni che comunque vi era possibile eseguire anche prima, mentre per noi ha rappresentato la vita. Per esempio, cercare un numero nelle pagine gialle per voi era già possibile, oggi forse ci mettete meno tempo ma per noi questo semplice gesto era impensabile senza ricorrere all’intervento di altri. Oggi se scelgo un libro lo posso leggere immediatamente con un comune pc o uno smartphone; prima dovevo ordinarlo, farlo duplicare e non passavano meno di 15 giorni: poteva passarmi la voglia.»



A Nuoro e a Cagliari ha insegnato latino e materie letterarie a una moltitudine di studenti delle scuole superiori e, ora in pensione, non smette di impegnarsi esattamente come accadde nel ‘79 con la sua tesi in lettere moderne all’Università di Cagliari che gli valse la lode oltre che il 110.



«Sono vedovo e vivo solo da sei anni, da quando mia moglie a soli 58 anni mi ha lasciato. Certo ora ho un autista e una colf e, se prima capitava che non fossi in grado di leggere l’etichetta del vino, oggi non accade perché con l’assistente vocale faccio cose che fino a dieci anni fa erano davvero insospettabili.»


Un guadagno di autonomia importante e un’inflessibile tensione al miglioramento di una comunità che si prende cura di sé come appare nell’opera di questo professore che continua a pretendere che il sapere non resti confinato.


Anna Maria Turra

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