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Vita con Lloyd – il libro di Simone Tempia

Simone Tempia, autore di Vita con Lloyd, è rimasto affascinato dalla Sardegna, un luogo allora sconosciuto fino a due anni fa

Foto di Stefano Moscardini

Simone Tempia autore di Vita con Lloyd, libro che raccoglie brevi dialoghi tra un ipotetico Sir e il suo maggiordomo, si aggira tra i temi più disparati creando in rete una vera e propria comunità di lettori che si riconosce ed appassiona al suo stile misurato, si aggrega producendo scambi, post e intenzioni in cui quel che accade è un fatto che somiglia a una corrente di pensiero.

Un fatto che ha a che vedere con la realtà come il Tempia pensiero ha a che vedere con la vita dell’autore il quale, virtuosista della parola e ossessionato ricercatore di senso, riesce a totalizzare oltre 200 mila like soltanto nella pagina facebook di Vita con Lloyd. Qui confluiscono i sostenitori e fan a confermare stratificazioni di vendite dei volumi, editi dalla Rizzoli, in una sorta di necessaria trilogia in cui a Vita con Lloyd si affianca In viaggio con Lloyd e Un anno con Lloyd.

Mentre Tempia, biellese di nascita, non si scompone e continua a presentare per le librerie d’Italia quello che chiama un “azzardo” ma che di fatto è un progetto editoriale che, a giudicare dai numeri, sta diventando un fenomeno di significativa portata, dichiara di essere appena stato conquistato da una Sardegna a lui sconosciuta fino a soli due anni fa.

“I sardi mi hanno insegnato cose che non sapevo, come usare sempre e solo il proprio coltello, un oggetto esclusivo e personale, affidabile come dev’essere chi lo utilizza, quasi a simbolo e paradigma di difesa personale ma anche dell’ospite, a sottolineare la storia di un popolo che attinge dal culto della reciprocità”.

Eppure esita parlando di “valori”, quasi temesse di andar a scomodare concetti polverosi e, quando parla del suo libro e di una sua cifra di scrittura dall’apparente semplicità, fatta di botte e risposte tra sé e questa fortunata ipotesi di addetto alla servitù, Simone Tempia non ha alcuna pretesa filologica. Non vuole impossessarsi di un simile successo come se fosse solo farina del suo sacco, vuole fare dei distinguo:

“Banalmente riconosco il peso delle parole su di una pagina ma sono completamente inconsapevole di ciò che faccio, sta accadendo qualcosa ma non ho la minima idea di che cosa stia accadendo, ciò che è dentro il meccanismo supera anche me, è fatto di chi legge oltre che di quello che scrivo. Viene spesso confuso il talento con la predisposizione, io dico che ci vuole allenamento” e infatti scrive da più di 20 anni il trentasettenne Simone Tempia, precisamente ora sta scrivendo delle mete estive dei vip, della camera antica di quel fottuto genio che è Leonardo da Vinci e lo si leggerà sul prossimo numero di Vogue Italia. Scrive e dice di sapere poco del resto o meglio, forte del suo dottorato in giurisprudenza, preferisce non esporsi dicendo di aver capito la differenza tra l’essere autore di un long seller e quello di un best seller solo perché gliel’hanno spiegata bene. Mentre che lui continui ad altalenare tra questi due posizionamenti, altro fatto incontrovertibile, gli basta per dimostrare un’autentica stupita gratitudine alla sorte, divisa in parti uguali tra la sua squadra e suoi lettori.

Anche se forse una gratitudine particolarmente vibrante viene destinata a chi, come Paolo Restuccia, docente di scrittura, regista del programma satirico di radio2 il Ruggito del Coniglio, nel descrivere Vita con Lloyd è stato in grado di  smontare un meccanismo di procedura spiegandolo meglio di quanto non potesse fare lo stesso autore a se stesso. Insomma come fossero ininfluenti i suoi numeri Simone Tempia continua a dimostrare una netta aspirazione a voler crescere, così come una certa allergia a definizioni che lo vorrebbero già “grande artista” o già “autore di capolavori”, perché crede che per decretare questo servano almeno tre generazioni, non bastano i contemporanei, seppur dotati di numeri dalle crescite esponenziali che i moltiplicatori della rete si ostinano ad attribuirgli.

“Cerco di raccontare storie e spero che i miei errori siano utili a me o a qualcun altro – sostiene Tempia – scrivere è generare e generare è arte il che mi riporta dritto alla mia esperienza di padre anche se in tempi non sospetti ho fatto dire a Lloyd che gli artisti sono come le madri o meglio che vorrebbero esserlo”

Far parlare un maggiordomo dimostra d’essere un espediente narrativo dalla forte tenuta, che avvicina a numerosi fan e insieme catalizza generazioni diverse, a questo Tempia aggiunge un’ostinata volontà di semplificazioni in cui il talento se c’è non riguarda lui e l’opera ha come destino, indipendente dall’artista, una sua perfezione. “L’opera deve essere plasmata per andare senza di me – ne è convinto Tempia – proprio come al miracolo biologico di un figlio, perfetto nelle sue peculiarità, può corrispondere l’obbligo di un genitore ad incoraggiarne l’autonomia accettando che magari cambi il mondo anche lontano da lui”.

Altro fatto vero, da risultare piacevolmente sovversivo, è il clamoroso autogol degli haters che, nello sconfinato mondo della rete, si depositano sul fondale della profondità oceanica dei lovers di una vita, quella con Lloyd, a cui se sei ineducato non appartieni.

Anna Maria Turra

Ph Marco Pasqua

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