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“Toglietemi tutto ma non il mio Breil”
2 Dicembre 2021

“Toglietemi tutto ma non il mio Breil”


Le idee si pagano, Pasquale Diaferia pare intendersene: TED speaker, creatore di slogan memorabili come “toglietemi tutto ma non il mio Breil”, se ne sta alla testa di campagne pubblicitarie per raccontarci che sotto sotto, in fondo, lui non ha fatto altro che semplificare.


Pasquale Diaferia voleva fare il medico ma poi, a un esame al Gemelli a Roma, si trova di fronte il Professor Marini Bettolo. Quello che, per intenderci, aveva inventato il Moplen, marchio poi lanciato nell’iperspazio dalla pubblicità. 


«Un gigante, ne rimasi scioccato. Fu l’ultimo esame a medicina: compresi che non avrei mai potuto puntare a una candidatura al Nobel come lui. Decisi così, per la mia autostima, che avrei continuato a fare il creativo: già scrivevo per molte radio private. Dal giornalista al copywriter, ho affrontato la vita a parole; esisteva un mondo che, oltre la carta stampata, inspiegabilmente apriva, al di là di ogni mia previsione, un’appassionante escalation di coincidenze. Sono queste che mi hanno permesso di insegnare all’università quella cosa che io ho iniziato a praticare come un gioco. E gioco non è termine casuale: a 16 anni ero già un bridgista di interesse nazionale, figlio di un professionista riconosciuto. Ma se c’era un gioco che mi piaceva davvero era l’oratoria, la variabilità della lingua, la forza della narrazione: le parole cambiano il mondo, glia danno forma. In questo mi sento presocratico: la realtà esiste solo nella testa di chi la pensa.»



Autore di pubblicità famose come Barilla, Bic, Peroni o Olivetti è stato membro del consiglio di amministrazione della Fondazione Pubblicità Progresso e docente universitario. Da questi pulpiti ha sempre difeso la medesima idea: non importa quante idee hai, ma quante ne realizzi.



Le danno dell’innovatore, come ci si sente?

«Innovare è la condizione della comunicazione, ti ci trovi quasi tuo malgrado. Le emozioni del pioniere restano, ma sono solo gli scambi tra le realtà che si attraggono e si mescolano che fanno funzionare le cose. In pochi, per esempio, conoscono un esperimento che realizzai dieci e anni fa con i miei studenti dell’Università dell’Insubria: “I giovani non esistono” era una trasmissione quotidiana su una piccola radio locale, un gioco pomeridiano tra divertimento e contenuti. La dimostrazione che 50 studenti con la loro inesperta naivete’ possono provare a cambiare le regole del broadcast più antico del mondo. Cambiano i media ma quel che resta immutato, tra i nostri nuovi device, è quanto è sempre vincente la curiosità. L’esperimento produsse molte invidie accademiche, e dopo due anni decisi di sospenderlo. Ma generò anche tanta occupazione, visto che molti di quei cento partecipanti hanno trovato lavoro proprio nei media, in posti anche significativi.»


Numerose pubblicazioni come The HeadLiners – L’immagine delle Parole, dedicato ai copywriter italiani, Come diventare ricchi con pubblicità – i due autori non ci sono ancora riusciti, dedicato ad Enzo Baldoni e BizDiz che nel 1990 è il primo dizionario ironico della pubblicità. È ideatore di Shoot the Account, il videogame con le scenografie di Lele Luzzati e de Le Città Invisibili di Milano, film collettivo dal cast stellare di18 registi di spicco della pubblicità come Luca Lucini, Federico Brugia, Giovanni Bedeschi e Ago Panini.



Tra gli scenari confuso di questa travagliata contemporaneità, i suoi studenti continuano a seguirla, vogliono continuare a lavorare con il guru che tranquillizza e diverte. Non sente un po’ di responsabilità?

«La sintesi del mio modo di operare è Caos e Miracoli. Più che un mantra, è una mia impresa in divenire, è qualcosa a cui si vuole appartenere, forse perché si è stanchi di sentire qualcuno che spieghi cosa sia rilevante per noi: tutti lo sappiamo benissimo. Come in uno spettacolo di acrobati, le buone imprese hanno bisogno solo di buone idee, che nutrano buone cause. È il destino dei prodotti di Marca, che nel nuovo millennio devono riempirsi di valori sociali per potersi far adottare dai consumatori. È il senso di un modo di lavorare: nel 2008 ho ideato con Matteo Villa “raccoltadifferenziata.eu, si ricicla tutto tranne le idee”. Anche quel consorzio di creativi per vendere e offrire comunicazione ad un mercato in piena crisi dopo i sub prime, dimostra che c’è sempre almeno una maniera diversa di fare lo stesso lavoro. Non c’è nessun merito ma, se mi permette, anche nessuna colpa in questo.»



Le sue provocazioni attirano numeri di clienti straordinari e uno spiazzamento che a lungo riesce a far parlare di lei ma, tra grandi amici eletti a compagni di viaggio e colleghi, da quali persone nascono le sue migliori intuizioni?

«Quando divulghi trovi normale che si parli di te, ed è anche piuttosto divertente ma in realtà non c’è niente di speciale nella mia giornata se non questo incedere della vita. È la normalità che sta nel desiderio, e vale ogni viceversa. Imparo dalla crisi di mandato sui nostri giovani, da come loro riescono comunque a rispondere, forse perché come ho fatto io: girano il cavallo e vanno via. Qualcuno all’estero, qualcuno in nuove dimensioni. Dalla direzione imposta alla parte opposta. Non so, forse vi sembrerà strano sentir dire questo da qualcuno che interrompe con gli spot i vostri film. Però c’è un’intuizione di competenze che io trovo davvero commovente in questa nuova generazione. Non vuole cambiare il mondo, vuole esistere. Restare. Questo basta.»



Anna Maria Turra


Credits


  • Ph Idea, Wanda Perrone Capano.


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