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Museo civico Michele Ruzittu, l’apertura l’8 aprile

L’inaugurazione seguirà la presentazione della mostra Il tempo ritrovato, che resterà a disposizione del pubblico di Arzachena fino al 2026

Dieci anni di attesa ma alla fine il momento è arrivato. Dopo una fase di ristrutturazione che ha riguardato l’intera struttura, il Museo civico Michele Ruzittu di Arzachena sta per riaprire al pubblico. Una giornata che è stata fissata per l’8 aprile con due specifici appuntamenti. Il primo andrà in scena alle 11, con la cerimonia inaugurale in presenza dellAmministrazione comunale, della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Sassari e Nuoro e delle personalità civili e militari locali, e che proseguirà con la presentazione della mostra temporanea dal titolo Il tempo ritrovato. Il secondo sarà invece l’accesso vero e proprio del museo per il pubblico, possibile a partire dalle ore 16 dello stesso giorno.

«La riapertura del museo» – afferma il sindaco Roberto Ragnedda – «ha richiesto un procedimento lungo e un grande lavoro che ha coinvolto numerosi enti, professionisti e uffici comunali che hanno collaborato per anni affinché la comunità potesse riappropriarsi di questo luogo. La concomitante celebrazione del centenario dellautonomia di Arzachena rende ancora più speciale linaugurazione. Dai padri fondatori di Arzachena, Michele e Salvatore Ruzittu, prese il via la valorizzazione della nostra storia e del nostro patrimonio archeologico».

Un lungo viaggio

L’amministrazione di Arzachena si è spesa molto nel procedere a un adeguato restauro di questo museo. La meticolosità è del resto una virtù che influisce sul risultato di qualsiasi opera, e trovare una soluzione che accontenti tutti è in alcuni casi davvero complesso. Per questo la sinergia tra il Comune, il la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Sassari e Nuoro del Ministero della Cultura e la società municipalizzata Ge.se.co. surl ha consentito di lavorare al meglio nella fase di studio, catalogazione e recupero di migliaia tra reperti archeologici e di minerali – alcuni dei quali sono stati restaurati all’interno del Centro di Restauro e Conservazione della Soprintendenza a Sassari.

Nello specifico le attività svolte con il finanziamento dellassessorato comunale alla Cultura (dalla catalogazione dei reperti alla digitalizzazione dei dati) sono state possibili grazie a un team di esperti composti dallarcheologa Silvia Ricci, la restauratrice Alba Canu e il geologo Luigi Sanciu. Il tutto supervisionato da Gabriella Gasperetti e Alessandra Carrieri.

Grazie a questi sforzi congiunti si è arrivati quindi alla realizzazione della mostra archeologica Il tempo ritrovato. Un’esposizione che resterà a disposizione del pubblico fino al 2026 e che «espone in maniera chiara e coinvolgente l’assetto del territorio nel tempo a partire dalle sue caratteristiche geologiche, con uno speciale risalto dato allo stretto rapporto tra uomo e paesaggio», come sostiene il Soprintendente Bruno Billeci.

«L’importanza di questo territorio e del tratto di mare antistante, centro di traffici nell’antichità, è testimoniata dalla qualità e quantità dei reperti esposti oggetto di un impegnativo processo di restauro conservativo, schedatura e inventariazione. L’apparato illustrativo della mostra risponde pienamente al respiro internazionale dell’iniziativa che include tra i suoi obiettivi, oltre gli interventi organici di tutela e riqualificazione, anche la valorizzazione e promozione dell’intero patrimonio culturale di questo magnifico territorio».

Info utili

Per chi abita ad Arzachena c’è inoltre un’offerta speciale. «Per assicurare il più ampio coinvolgimento – conclude lassessore alla Cultura, Sport e Spettacolo, Valentina Geromino offriremo lingresso gratuito ai residenti fino al 31 maggio». Un grosso incentivo per restituire centralità a questo museo rimasto chiuso per 10 anni e «per valorizzare il patrimonio storico locale e di concretizzare quel sogno iniziato tanti anni fa con Michele Ruzittu, a cui abbiamo doverosamente intitolato il museo».

Riccardo Lo Re

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