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Montegranaticu di Orosei, Kimbe per un’arte che è direzione

Una galleria d’arte a Orosei di Salvatore Carboni, che da oltre 30 anni si muove sul territorio e negli spazi delle pubbliche amministrazioni

Kimbe

Salvatore Carboni, in arte Kimbe, nella mostra d’arte dal 16 al 30 settembre a Monte Granaticu di Orosei, consegna un’indicazione precisa: cambiare gli assetti. Nell’inaugurazione delle 18 e 30 saranno presenti Elisa Farris, sindaco di Orosei, Carmen Deidda presiede il Centro studi G. Guiso e il giornalista Piersandro Pillonca.

Il titolo Avamposto n°13 è molto più che una coordinata. È l’indicatore di senso, la freccia direzionale e insieme è l’equilibrio dello “stare”. Negli spazi della galleria allestita a Monte Granaticu, prezioso spazio storico di Orosei, troviamo alcuni esempi di un lavoro d’artista. E per Salvatore Carboni è sempre una questione di principio. Da dove si parte? Da quello che siamo.

«L’arte è la rivoluzione, – precisa Kimbe – è quello spazio negli interstizi del sistema, alla ricerca di contaminazioni e scambi, partendo dalle forze generative compresse nei confini.»    

Kimbe, che si occupa di fotografia, video, scultura, performance e arte installativa con particolare attenzione alle regole del sistema degli ultimi tre decenni, spiega a cosa pensa quando parla di energie compresse nei confini.

«Ognuno sa cosa può essere. Dal posto in cui si nasce o ci si vuole far trovare si parte a costruire. Il percorso è fondante – dice l’artista – e il confine è attorno a noi, può essere la periferia da cui provengo e da cui parto per affrontare il mondo. Su liminargiu è un termine che nella nostra lingua indica ciò che sta intorno a una porta o a una finestra: il telaio, il confine dell’uscio, quel punto tra dentro e fuori.»  E in questo avamposto allestito tra i muri in pietra della casa del grano, recentemente restaurata, le opere di Kimbe appaiono, tra nicchie in mattoni e capriate in legno, la prova della potenza compressa nei limiti.

Col nome d’arte di Kimbe quella di Carboni è una storia di frazioni e di affastellamenti ininterrotti. Non smette di fare arte da quando, al politecnico di architettura a Firenze, lo raggiunge la notizia della morte di Salvatore Deidda, siamo nel maggio del ‘90 e quella mancanza si fa appuntamento col tempo e con lo spazio. Perché organizzerà, 30 anni più tardi, la prima retrospettiva sull’isola dello straordinario fumettista della Bonelli. Ma l’università è solo un espediente per attrarre legami profondi, dopo i finanziamenti degli anni Novanta per il recupero storico, a Seui sarà il loft del centro storico a ospitare la Fabbrica di Kimbe, laboratorio o open space di istallazioni e vernissage in divenire. «Scolpire e dipingere sono pratiche che ho affinato nel tempo, sono in grado di dire che la responsabilità di queste scelte non è quasi mai mia: se serve per la mia piccola comunità che io usi una macchina fotografica o una pala, non lo posso sapere prima, lo incontro nel corso del mio viaggio e lo faccio. Questo è l’imperativo che voglio accettare.»

Quello di Kimbe è un insieme di visioni nelle pieghe di una periferia sarda infinitamente frastagliata. Seui è solo la città d’origine da cui si dilata un’esperienza fluida che, tra piano teorico e piano regolatore, insiste utilizzando la forza fisica e diverse materie.

Ed è forse solo una contingenza che poi l’abbiano chiamata arte, quella di Kimbe è una corrente che attraversa le case e le anime di un gruppo che gli vive intorno. E di lui si parla per lo più della nuova attenzione che ha saputo mettere nelle stanze della politica, per gli inediti punti di osservazione che apre: non sono precisamente vie da percorrere. Sono frecce direzionali. La distrazione di senso che in Italia non lascia indenni le nuove generazioni, non è da meno in Sardegna ed il Carboni docente, scegliendo un lungo passaggio nel contesto istituzionale, si inerpica tra le falangi umane il cui protagonismo attivo e ricettivo è un vero e proprio detonatore «Non sempre la forza dei nostri ragazzi viene percepita nella sua vera identità ed effettiva portata. – precisa il Carboni prof –  poi è un problema di contesti: in un ambiente troppo protettivo o troppo richiedente si rischia di minare un potenziale.»

Ecco, parla di potenziale e sembra che si stia riferendo al potere. Colpisce come lo raccoglie e ne fa risorsa, bene comune. Procede, accanto alle relazioni fondanti del paese, in architetture di idee e relazioni: nasce il Museo Seui. Poi attua una massiccia opera di reclutamento del talento, tra nuovi artisti, musicisti e fimaker dà corpo a una produzione di opere: è il situazionista che sta letteralmente aprendo nuove prospettive di conoscenza e di opportunità per una riscrittura della storia di quella che lui chiama “zattera” e che sulla carta è indicata come Sardegna. Si consegna in piccoli e grandi appuntamenti Kimbe e, se lo straordinario calco del volto di donna raffigura la madre che ha recentemente perso, sa suggerire anche che i nostri anziani sono la vera onda di una competenza, metrica e scienza che dobbiamo saper trattenere.

Anna Maria Turra

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