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«L’ultima scoperta di Pompei raffigura una pizza? Approfondiamone tecnica e composizione»
11 Luglio 2023

«L’ultima scoperta di Pompei raffigura una pizza? Approfondiamone tecnica e composizione»


L’artista Angela Demontis, disegnatrice e autrice, ci riporta a un’analisi della pittura sul recente ritrovamento di Pompei che, dalle pretese dei primi annunci di una comunicazione avventata, raffigurerebbe l’italianissima pizza.


Figlia di Aurelio Demontis, pioniere in Sardegna del fumetto, noto per la sua dissacrante ironia e per aver per primo rotto gli schemi di una postura politica ingessata, ha tutto il piglio della madre, l’amatissima Dolores Demurtas, scultrice e ceramista esponente della tradizione artistica sarda. Certo Angela Demontis del padre, pittore e vignettista, eredita intatta l’audacia, esprimendola in strisce dove, in un risultato a tratti elettrizzante, fa commentare ai Giganti di Montè Prama, chiamandoli i Prama Boys, le stravaganze dell’attualità politico-culturale.


Ha condotto studi di approfondimento sulla civiltà nuragica pubblicando saggi, mantenendo quella tenace tensione alla curiosità che si trasforma in ricerca. Oggi è la direttrice artistica di svariate mostre come la più recente a Torpé, nella provincia di Nuoro, una permanente di ricostruzioni in archeologia sperimentale, realizzate con materiale e tecniche artigianali della tradizione sarda, ispirate alla statuaria in bronzo di epoca nuragica. Prevista una versione itinerante in esordio a settembre nel comune di Uta, nel Campidano di Cagliari, dal titolo Il popolo di bronzo 1. Collabora col Centro studi di J.F. Champollion di Giacomo Cavillier, l’egittologo col quale di recente si è sposata nella suggestiva area archeologica di Turris Libisonis, l’antica città romana di Porto Torres.



Dopo aver studiato a lungo il popolo del bronzo e le sue abitudini, con sopralluoghi nei principali siti archeologici d’Europa, esprime un punto di vista sul rinvenimento pompeiano del piatto colorato spendendo parte della sua competenza pittorica. In una logica di perizie entra nel merito, lei che, con tecniche antiche ed elementi naturali, crea da sé i propri colori. «Ho sempre desiderato una palette di colori su modello antico egizio - confida l’artista -. Finalmente sono riuscita a fabbricarla da me e coi colori minerali, con le nuances più usate dagli antichi pittori. Sono colori che ricavo a mano con un lungo procedimento di selezione e raffinazione. Ora tutto ha un senso, il cerchio si chiude.»


Autrice di edificazioni pittoriche di forte impatto, impegnata in affreschi romani su intonaco e riproduzioni di dipinti egizi, sulla decorazione murale di Pompei apre un vibrante dibattito.


«Vorrei spendere due parole tecniche da artista pittrice riguardo la pizza, focaccia o altro oggetto rappresentato (che sia un piatto?). Leggo in molti articoli una descrizione imprecisa, riportata in maniera approssimativa, in una sorta di copia-incolla, una sintesi che non rende giustizia alla nuova e straordinaria scoperta pittorica.» Si sofferma sull’eccezionale resa di questa natura morta «Di fatto anticipa in maniera impressionante anche il nostro famoso Caravaggio, precorrendo di parecchie centinaia di anni i dipinti, su tavola o su tela, dai colori ad olio inventati dai fiamminghi. Ma la cosa che da subito mi ha colpito è la correttezza della assonometria intuitiva con la quale il pittore ha descritto la composizione.»     



Poi spiega della distribuzione nello spazio degli oggetti raffigurati e, nello stesso tempo, dettaglia  dell’armonia cromatica, il notevole chiaroscuro e l\'uso della luce incidente e riflessa.


«Un altro degli elementi che immediatamente ho notato è quel tocco, da vero maestro, dei riflessi metallici e della \"sostanza\" degli oggetti dipinti. Una resa straordinaria. Notiamo che ci sono le pennellate dei bagliori della luce sul piatto in argento e l’autore ha inserito persino la riflessione del cibo sulla superficie per farci capire meglio che quel piatto d\'argento è lucido come uno specchio. Infine, essendo la pittura un po\' rovinata, alcuni elementi non si comprendono bene, però tra gli altri si distinguono i due frutti gialli con superficie a bozzi e un fogliame forse compatibile con qualche tipo di agrume, come il citrus medica tuberosa o il citrus monstruosa. Si è parlato di ghirlande di corbezzoli, ma francamente non ne vedo. Il cedro infatti, descritto da Plinio il Vecchio, proveniente dall’Asia Minore, già conosciuto in epoca egizia, viene spesso confuso col corbezzolo che è molto più piccolo: un errore madornale che non rende giustizia alla capacità del pittore di proporzionare tutti gli oggetti rappresentati. L’idea che mi sono fatta è che l’autore avesse di fronte a sé una composizione che ha copiato sul muro con senso assoluto della proporzione. Mi piacerebbe sapere che tecnica ha usato: affresco? Encausto? Tempera? Spero che le future analisi portino presto le risposte. Con certezza mi sento di dire che si tratta di tecnica mista per i tocchi di luce che sono evidentemente successivi, cioè sovrapposti a un intonaco asciutto. Concludendo, anche se trovo normale guardare ai dettagli tecnici di realizzazione, mi sento di affermare che questo dipinto precorre magistralmente i tempi.»


E per questo rinvenimento si parla di possibile anticipazione dell’odierna pizza, così come sfuggono le dichiarazioni sulla ghirlanda di corbezzoli, sul melograno e, nel dibattito tra archeologi, appare una cauta sospensione del giudizio, assai più assennata dello strillante annuncio pompeiano.


Perché se la ricerca archeologica studia i resti materiali in contesto per trarne una ricostruzione storica degli eventi che li hanno prodotti, in molti addetti ai lavori danno in prima istanza per buona la focaccia, eppure non fidarsi dello scrupolo dei colleghi porta a definire ricerche sempre più circostanziate,  arrivando ad ipotizzare che potrebbe trattarsi di \"piatto in sigillata africana”.


«Nell’archeologia del cibo degli affreschi e delle pitture parietali si trovano scene di vita quotidiana o nature morte che restituiscono una panoramica su quelli che erano gli alimenti disponibili sulle antiche tavole - sorride Angela Demontis -. Mi preme solo evidenziare che l’arte porta fotografie del passato incredibilmente realistiche che abbiamo l’obbligo di analizzate senza superficialità.»


Uccide ogni paranoia nei suoi stessi colori Angela Demontis e salpa, come i suoi antenati: senza mezzi termini.



Anna Maria Turra


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