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Lorenzo Brandinu: la poesia come andamento

Poeta e scrittore, viaggiatore o giudice onorario, la sua è una traiettoria di vita dedita alla trasformazione del tempo in occasioni

Lorenzo Brandinu

Le lotte corpo a corpo, in sardo istrumpa, i rapimenti, l’abigeato, i carabinieri, le volpi selvatiche e le piante officinali, il pane fatto in casa, la madre, i silenzi e la superiorità delle donne, i santi in processione: la materia di cui è fatto il pianeta Sardegna viene scandagliata nella sua cupa Barbagia, non tanto come il segno di un sortilegio di vendette e colpe che attendono riscatto, quanto come l’arazzo perfetto di esistenze che in modo misterioso si parlano e,  compiendosi inevitabili, sullo sfondo della carne, della storia, ma soprattutto del linguaggio, si concedono  come una rivelazione.

Ma è la poesia ad essere davvero la forma prediletta e in grado di raccontare la realtà per Lorenzo Brandinu che, a punteggiare la sua vita, ha all’attivo un considerevole numero di premi. Costantemente in diaspora da quella Sardegna che a volte appare come una nazione, quella di Lorenzo Brandinu è una necessità: tagliare il nastro che l’orizzonte, da Orani in poi, mostra. In questo paese nella provincia di Nuoro, mai dimenticato e mai realmente abbandonato, nasce il poeta Lorenzo Brandinu, è qui che si nutre di quei fermenti culturali che hanno contaminato anche autori, artigiani e designer, fashion leader del velluto e della sartoria su misura la cui fama è internazionale. E se è vero che nel 73, meno che ventenne, lascia il suo paese natale, è vero anche che ci ritorna in immersioni regolari, in un elastico tra grandi viaggi e la quotidianità milanese. Tecnicamente impegnato nel sociale sviluppa una naturale vocazione nel cogliere le seconde possibilità; in breve a Milano diventa giudice onorario per le cause dove le crisi emergenziali dei minori esprimono la loro più cruda dimensione. Qui si addestra a riconoscere l’atto dell’abbandono inferto su bambini e ragazzi mentre, forte di quell’idea di comunità che intorno deve strutturare salvataggi e porre argini, conduce un’esistenza serrata e, per certi versi, misteriosa. Sport all’alba, molti amici, molti libri e innumerevoli traversate. Tenerezza? Tutta quella che la poesia può sollevare.

Come se, conscio di un’identità radicata, fosse naturalmente attrezzato per operare in quella striscia di Gaza che sta tra il farcela e il perdersi. Non sa dire con precisione se questa attitudine si possa realmente sintetizzare con l’essere e il restare autenticamente sardo ma, facendo presa sulla sua monumentale esperienza nel sociale, glissa con ironia le generalizzazioni che vorrebbero fare di tutto il mondo un paese.

Come segnato, nella sua poetica e nella vita, da una terra indomita, Brandinu non si scompone mentre riesce a reagire dinanzi e a seguito di eventi dolorosi, di crisi epocali. «Io la chiamo La Peste, questa cosa che ci ha colpito e da cui alcuni di noi sono riusciti ad uscire; ci ha trasformati, tutti e in ogni campo – dice Lorenzo Brandinu – eppure vedo quanto questo cammino stia portando una possibilità inedita per l’uomo.»    

E, convinto di una nuova genesi scientifica, non smette di imparare regole di un gioco che, dice, ci vede tutti e sempre in grado di trovare interlocutori attenti, ma soprattutto risposte giuste. E in particolare punta a mettere a terra con entusiasmo un quotidiano che rappresenti sempre più, al di là di ogni estrazione, l’impegno per la nostra abitazione comune: il pianeta.

Dedito all’insegnamento delle tecniche psicofisiche, pratica e insegna yoga con affondi precisi nell’antico espediente di sovrascrittura della realtà che è la poesia. Il che, peraltro, gli frutta diversi premi: la medaglia d’oro al Premio per la poesia sarda di Ozieri nella sezione 2018 “tra poesia e cantigu” Antoni Cubeddu; innumerevoli sono le menzioni speciali come quella del premio di Mamoiada prevista nel corso di quest’estate. Testimonianze di vita e versi improvvisati sono stati spesso tramandati oralmente da anziani cultori di poesia sarda classica o da altri poeti e poi trascritti: quella della poesia non è certo una pratica facile. La sua pluripremiata In onore de Santu Costantinu, ad esempio, si svolge in una chiave detta la moda: uno schema difficilissimo da condurre e altrettanto indaginoso nella tecnica.

Certo Brandinu sale sul podio al primo posto nella  quarantottesima edizione con una poesia che ricalca quello schema poetico che un tempo chiudeva le gare e che, solitamente, consisteva in un elogio al santo festeggiato. E il suo è un impegno che prevede, dopo una stesura iniziale detta istèrrida, che termina con un verso chiamato versu rotante, precise parole chiave dette maglie, fondamentali per creare rime che vanno a reggere l’intera impalcatura della moda.

Oggi nelle numerosissime sfide poetiche, la cui paternità viene attribuita a Cubeddu, iniziate il 15 settembre del 1896 nella piazza Cantareddu di Ozieri, la moda spesso viene sostituita da un sonetto caudato, meno impegnativo e di gran lunga molto meno complesso.

Disabituato alle cose sbrigative, così come a soffermarsi sui luoghi comuni, con opere comparse a più riprese nella pagina che Il Messaggero Sardo dedica alla poesia, quest’anno Lorenzo Brandinu si classifica anche all’appuntamento con la poesia di Dorgali, nel Premio letterario Bardia; sale sul podio portandosi via l’argento per la sezione Rima con una poesia sulla Sartiglia, la parata pittoresca e multiforme, densa di simboli della tradizione e del significato di un’intera organizzazione sociale.

Una ricerca d’intuizioni linguistiche che sembra esprimere in Lorenzo Brandinu come la mappatura di un destino. Gli anni della sua giovinezza registrano i ricordi del pastore, nello scrittore di racconti si staglia l’uomo segnato a fuoco dallo spostamento costante di aree e di pensiero, mentre risoluto, da cittadino consapevole, punta a un apporto di responsabilità.

«La Sardegna continua ad avere uno svantaggio infrastrutturale e strutturale che si concretizza in danni di carattere sociale, economico e culturale – sostiene Brandinu – ma la tempra del singolo resta la stessa che negli anni ci ha visto pronti ad imparare e solerti nell’impartire conoscenze millenarie. Io so di essere parte della forza di un popolo straordinario. Basta osservare la Costa Smeralda ® e misurare i suoi numeri per avere un’idea dell’effetto di risonanza mondiale che un fazzoletto di terra appoggiato sul mare può avere.»

Poi si incammina, zaino in spalla, in una routine quotidiana di oltre 10 chilometri a passo sostenuto, che sia sulla spiaggia di Platamona o alle porte di Milano questo fatto non cambia e qualcosa in lui racconta dell’andamento nomade di un corpo; un andamento che si traduce anche nella transumanza di convincimenti per questo scrittore che potremmo ostinarci a chiamare, semplicemente, poeta.

Anna Maria Turra

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