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5 Agosto 2019

Lino Strambi import rum


Lo spiega Lino Strambi, area manager del nord est produttivo, parlando di quanto il rum abbia colonizzato il mercato dei superalcolici dividendo quello dell’importazione tra due aziende principali: la Bonaventura Maschio, importatori del Ron Botran e la Compagnia dei Caraibi quella, tanto per capirci, del rum Diplomatico.



Per la Compagnia dei Caraibi nata a Vidracco, in provincia di Torino, parla Walter Gosso, advocacy manager e ambassador del marchio Ron Diplomatico. Spiega che a detenere il potere della tradizione del nettare venezuelano sono cinque famiglie che producono, dalla distilleria Dusa nella regione di Planas, nella città chiamata La Miel, il rum dall’iconica bottiglia che nella versione riserva esclusiva è in verde satinato. Prodotto ispirato alla figura di Don Juancho Nieto Melendez, appassionato collezionista di rum vissuto nell’Ottocento che era solito viaggiare portando sempre con sé una bottiglia chiamata, appunto, riserva dell’ambasciatore. Un giorno decise di diventare produttore egli stesso per questo il suo ritratto è raffigurato sull’etichetta del Ron. Oggi la Dusa fondata nel 1959 è ancora 100% impresa familiare e, con più di 600 persone che vivono e lavorano alla distilleria, è una delle maggiori produttrici del Venezuela di rum e il Diplomatico è stato riconosciuto con la denominazione “Ron de Venezuela” DOC. I master distiller sono Tito Cordero e Nelson Hérnandez che sovrintendono qualità e procedimento, fattori cui concorrono non solo gli anni di esperienza di fondatori e di master blender ma anche di ogni persona che lavora alla distilleria che apporta la sua personale appassionata dedizione.



Si parla d’importazione del riserva esclusiva solo a partire dal 2006, si diffonde in Italia e in Europa incontrando un ostacolo solo in Germania dove il termine “diplomatico” è già stato registrato e viene sostituito con Botucal, traduzione guatemalteca di collina verde; possiamo quindi affermare che Diplomatico e Botucal sono lo stesso identico rum.



La distilleria effettuata in duplice modo, con alambicchi in rame, sia da melassa in 24 ore che da miele in 48, rende il prodotto pronto e destinato a 12 anni di invecchiamento, mentre per la sua trasparenza provvede un filtro a carboni vegetali. “Pur essendo più forte il consumo di rum chiaro in Europa - dice Walter Gosso - il rum scuro viene percepito come di qualità superiore”.



E dello stesso avviso è Andrea Maschio 46 anni, amministratore delegato delle distillerie Bonaventura Maschio, cinque generazioni di storia che oggi lo vedono unico importatore e distributore italiano del Ron Botran generando, con la sorella Anna a Gaiarina in provincia di Treviso, un fatturato di 18 milioni di euro.



”Ciascun prodotto distillato deve portare una traccia della materia prima riconoscibile. Alcuni rum sono pensati per mixology di alto livello anche se oggi sta sostituendo alla freschezza e all’irruenza del white una ricerca di rotondità tipica dello scuro”. E a conferma della sua tesi porta l’esempio del Ratanà di Milano, in via Cesare Battisti, dove il bartender usa degli ingredienti presenti nel piatto per creare con il drink una continuità di sapori. Una concezione molto vicina a quella delle ricette, in un algoritmo dove la parte del sapore è frammentata, conclusa e perfezionata nel bicchiere. Tra i bartender più noti forse Filippo Sisti con Cracco è stato uno dei primi a immaginare quella che oggi è una vera e propria tendenza: ricercare prodotti premium, sperimentare e suggerire un’esperienza individuale in un liquido concentrato di emozione. Scompare l’idea di alcol consumato per raggiungere una vertigine, per non sentire, quella dello sballo e dei cocktail bevuti velocemente per andare a fare dell’altro come per esempio ballare. Si staglia sempre più chiaramente e meglio il profilo di una generazione che se ne intende di rum, che coglie e apprezza.



La parte dell’anno che preferisce Andrea Maschio è tra settembre e fine novembre destinata alla distillazione. Ama viverla nei profumi delle materie prime che vanno trattate ed esaltate in modi diversi per ottenere quello che si immagina, quello che si ha nella testa esattamente come si ha un’intuizione. Insiste sull’importanza della materia prima: è lei a comandare ma è come la si tratta a fare la differenza, ogni volta che si crea un prodotto questo deve avere una sua posizione precisa, netta che si confronta con quella del distillatore, con la sua ipotesi di risultato. Intenzione e the reason why si confondono e si pretendono pur tenendosi a debita distanza. Ogni prodotto deve avere una sua cifra distintiva e riconoscibile di cui la materia prima è certamente tracciato essenziale: se distillo uva sentirò la buccia, per la grappa la vinaccia e così via.



Ma la difficoltà in fase di distillazione è data dal riuscire a isolare un determinato segmento per poi renderlo visibile e presente, esaltare diventa la parola d’ordine ma in alchimie che sfuggono a qualsiasi definizione.


“Ossessioni - dice Andrea Maschio – ognuno ha le sue e noi distillatori siamo forse tutti uguali: adoriamo le suggestioni, quella micro differenza che l’ossigeno sa esaltare. Se immaginiamo il distillato come una goccia trasparente piena di profumo in cui l’alcol tiene tutto insieme, capiamo meglio come l’ossigeno sia in grado di far uscire un po’ alla volta tutti sentori, più prende aria l’alcol più emana quella marea di terpeni cioè di sostanze contenute nella fragranza, che altro non sono se non molecole che influenzano gusto e olfatto.”



Più l’ossigeno si accosta alla materia più ne lascia raccontare la sua storia e, per un “gerontofilo di vini” come si definisce lui stesso, l’idea di trovare un vino molto invecchiato e già scaraffato dal ristoratore, in qualche modo lo infastidisce. Perché lo priva di quell’esperienza di verifica dei cambiamenti che si ha invece nel controllo a piccoli passi, in quei brevi intervalli con cadenze di conoscenza reciproca. Nel rituale, considerato fatto privato, del sorseggiare lentamente in bicchieri molto grandi, vi è la parte divertente, a tratti elettrizzante, in cui è il prodotto a raccontarsi lentamente.



Nella distilleria Bonaventura Maschio che immette nel mercato grappe, acquavite d’uva e gin, coincide la sede di importazione e distribuzione di Ron Botran, una delle poche aziende produttrici di rum ad avere l’intera filiera di proprietà: 7.500 ettari nella costa pacifica del Guatemala dove caldo e umidità servono per definire del Botran le caratteristiche organolettiche. Alla coltivazione della canna da zucchero si affianca una meticolosa ricerca clonale estendendo al Guatemala quell’idea cui siamo oggi già abituati in campo viticolo, esattamente come avviene per l’uva nell’Istituto sperimentale per la viticoltura di Conegliano. Mentre per l’invecchiamento il rum viene trasportato da autobotti a 2400 metri sul livello del mare dove si è in grado di contenere il processo di evaporazione e, riducendo la dispersione di liquido in una percentuale importante, ogni anno verrà integrato con del nuovo prodotto. Anche la rotazione in botti diverse è parte fondamentale dell’invecchiamento, avviene in botti in cui precedentemente è stato invecchiato il wiskey e il bourbon che vengono poi tostate, cioè bruciate dall’interno, e debitamente scartavetrate. È quest’ultima fase a conferire al rum il caratteristico retrogusto amaro bilanciato poi dal passaggio in ex botti di sherry e infine di porto.


Anna Maria Turra

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