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3 Gennaio 2020

L’atelier di Jean-Luc Godard alla Fondazione Prada


Dal 4 dicembre alla Fondazione Prada di Milano si potrà andare dietro lo schermo, scoprendo i passaggi che hanno portato alla realizzazione di un’opera cinematografica. “Le Studio d’Orphée”, l’atelier di uno dei capostipiti della Nouvelle Vague, Jean-Luc Godard, è la riproposizione dello studio di Rolle in Svizzera, il paese che lo ospita da più di quarant’anni.



Quando ci si trova davanti a un regista, si cade spesso in una domanda comune, tanto da sfiorare il banale: “Com’è nata l’idea di questo film?”. Suonerà ripetitiva all’autore, che dovrà ancora una volta spiegare le fasi che hanno portato alla creazione di un’opera, ma la curiosità è lecita. Lo spettatore in sala, vuole cogliere ogni significato dell’opera, da quello che emerge in un racconto a quello più impercettibile, capace di emergere, in alcuni casi, alla seconda visione. In altri, la parola di un critico, e, non per ultimo, del regista, è fondamentale nel restituire una visione completa al film appena visto al cinema.





  • Jean-Luc Godard, “Le Studio d’Orphée”, Fondazione Prada, Milano, Photo/Foto: Niccolò Quaresima, Agostino Osio - Alto Piano Courtesy Fondazione Prada



C’è però un’altra domanda che spesso non viene posta: “Dove nasce un film?”. Attenzione però. Non è una di quelle allegoriche. Ovvio che la mente, con i ricordi e i pensieri di un’intera vita, rappresenta per un regista il luogo dove pescare un concetto da tramutare poi in immagine. La Fondazione Prada nel proporre “Le Studio d’Orphée” dedicato a Jean-Luc Godard, si riferisce a uno spazio fisico, dove il lavoro e la vita di un autore collidono. La parola “atelier” non è del resto un caso. Non è un set cinematografico ricomposto ad hoc per l’occasione, dove il pubblico, una volta entrato, si trova davanti agli oggetti di scena che hanno permesso la produzione del film. Godard ha deciso di conferire un’impronta artigianale all’installazione, fornendo, oltre a tutti gli ornamenti (mobili, libri, quadri) che rimandano allo stile del suo studio, tutto il materiale tecnico usato dal 2010.



Lo scopo è di rivelare tutto il processo creativo di un artista, dalle fasi primordiali all’ultimo taglio di montaggio. Il cinema possiede infatti una doppia natura. Può essere considerata un’industria, come dimostra la nascita negli anni 20 di uno star system consolidato negli anni, e allo stesso tempo arte, veicolando un messaggio attraverso un linguaggio visuale e sonoro. Nel caso specifico di Godard, si può creare persino un movimento artistico innovativo, come la Nouvelle Vague, che negli anni ’60 è stato al centro di una svolta concettuale che ha mutato i connotati del cinema europeo. Si parlò per la prima volta di Politica degli autori, un criterio che va a identificare la messa in scena (mise en scène) di un film da parte di un regista, che non sta più dietro la macchina da presa a dirigere gli attori sulla base di una sceneggiatura scritta, ma interviene con un contributo stilistico personale.



“Atelier” vuol dire anche questo, uno spazio riconoscibile grazie al talento e all’inventiva del suo artista. Questa forza poetica s’intravede anche nel mito di Orfeo ed Euridice, citato proprio da Godard nel titolo Le Studio d’Orphée per sottolineare la stretta relazione tra vita e immaginazione. Un legame che anche il cinema, con i suoi filtri, ha cercato più volte di mostrare.



Alla Fondazione Prada si potrà dunque assistere a Le Livre d\'image, uscito nel 2018 e ideato proprio in quella stanza, dal montaggio al mixaggio del suono fino agli ultimi ritocchi in fase di post produzione. In più, si avrà modo di visionare nove cortometraggi realizzati da Godard: On s\'est tous défilés (1988); Je vous salue Sarajevo (1993); Les enfants jouent à la Russie (1993); The Old Place (1998); De l\'origine du XXIème siècle (2000); Liberté et Patrie (2002); Une bonne à tout faire (2006); Vrai faux passeport (2006); Une Catastrophe (2008). Ciò che renderà l’esperienza ancora più affascinante sarà la visione di queste opere, trasmesse non davanti a un grande schermo, bensì diffusi su un monitor televisivo che rappresenta il mezzo che Godard utilizza per il suo lavoro. Un’esperienza in assoluto appagante per il pubblico che, per la prima volta, potrà provare cosa vuol dire essere un regista, prendendo il suo posto.


Riccardo Lo Re




Credits


  • Jean-Luc Godard, “Le Studio d’Orphée”, Fondazione Prada, Milano, Photo/Foto: Agostino Osio - Alto Piano Courtesy Fondazione Prada





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