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“La fortuna”: intervista a Valeria Parrella, vincitrice del Premio Costa Smeralda 2023

La scrittrice ci racconta il suo ultimo libro, che si è aggiudicato la vittoria per la Narrativa

Valeria Parrella

La sorte va assecondata, non può essere controllata. Lo sa bene Lucio, giovane dell’antica Roma che all’età di appena diciassette anni ha seguito la nave di Plinio il Vecchio a bordo della sua imbarcazione quadriremi “Fortuna“, proprio nel giorno in cui la violenta eruzione del Vesuvio ha sconvolto le città di Pompei ed Ercolano. Ma Lucio non è un ragazzo come gli altri. Cieco da un occhio e dotato di una mente curiosa, a largo della costa di Pompei sarà testimone di un prodigio che lo costringerà a fronteggiare l’ignoto. Ultimo romanzo della scrittrice Valeria Parrella, “La fortuna”, edito da Feltrinelli, è tra i libri candidati al Premio Costa Smeralda per la narrativa e offre al lettore un ritratto vivido e coinvolgente di un’epoca lontana, ma sempre affascinante.

Abbiamo raggiunto la scrittrice Valeria Parrella per parlare un po’ di Lucio e della sua storia, tra ispirazioni storiografiche, antichi reperti e di come i limiti siano soltanto illusioni.

Come si sente riguardo alla vittoria per il Premio letterario Costa Smeralda?

Sono contentissima! È il primo premio cui “La Fortuna” viene iscritto e io sono molto competitiva nella vita, quando i miei libri vedono un premio sono contenta. Anche la composizione della giuria è onorevolissima. E poi non ho mai visto la Costa Smeralda, quindi è anche una bellissima occasione. Gli altri finalisti sono scrittori che leggo da lettrice, quindi meglio di così!

Può spiegarci come è nata l’idea del romanzo?

Il romanzo è nato dal Tuffatore di Paestum. Vidi questo ragazzo di cui non si sapeva niente, se non che fosse morto giovane, e ho immaginato la storia di un ragazzo giovane nell’antichità. L’ho ambientato a Pompei perché è la cosa che conosco meglio. Ho studiato Lettere Classiche all’Università Federico II di Napoli, quindi sia la romanità che la grecità mi sono molto vicine. Anche perché Pompei e Napoli distano 12 chilometri e mia mamma ha lavorato tantissimo agli scavi, quindi un po’ so come si sente una ragazzina che cammina per Pompei.

Quali sono state le principali fonti di ispirazione?

Le fonti di ispirazione sono citate nel libro. Sono le fonti dirette, quindi Plinio il Giovane che parla di Plinio il Vecchio, considero una fonte diretta anche Marziale in quel l’epigramma tradotto da Leopardi, perché comunque era coevo dell’eruzione del Vesuvio. Anche Stazio, che anni dopo va a Pompei e trova questo “paesaggio lunare” e dice “Crederanno mai le genti, quando qui di nuovo verdeggiaranno, le messi, che qui sono sepolte intere città?Ecco, quelle genti siamo noi 2000 anni dopo che ci crediamo perché è nata l’archeologia.

In che modo il protagonista Lucio riesce a dare una prospettiva inedita degli avvenimenti di cui è testimone?

Non bisogna per forza fare le cose inedite, bisogna fare i libri belli. Lo sguardo che non ho trovato in altri libri è quello visto dal mare. Ci sono moltissime descrizioni di eruzioni, perché Pompei è molto descritta e narrata nella fiction e non fiction, ma c’è poco dal mare, perché non ci furono testimoni; quindi, il maremoto me lo sono dovuto inventare io, ovviamente ricalcato sulle evidenze scientifiche di altri maremoti dovuti ad eruzioni vulcaniche.

In che modo la vicenda, che ci appare così distante nel tempo, riesce a parlare anche dell’attualità dei giorni nostri?

Non credo che in arte si possa parlare di tempi e di luoghi. Se leggo un Canto di Leopardi piango anche se l’autore è morto nel 1821. Se guardo la Nike di Samotracia mi sento orgogliosa anche se è stata scolpita nel 500 a.C. Non credo sia importante quando sia stata ambientata una cosa o quando è stata scritta, credo sia importante se questa dà qualcosa a noi come uomini e donne contemporanei.

“La fortuna” è un romanzo che parla di scelte. Qual’è il messaggio che vorrebbe trasmettere ai lettori, soprattutto a quelli più giovani che – come Lucio – si trovano ad affrontare le sfide di domani?

Gli scrittori non vogliono lasciare messaggi nei libri, altrimenti sarebbero dei profeti. Il messaggio se lo crea il lettore, se vuole trovarlo, altrimenti si è letto una storia. Il messaggio è solo del fruitore, non è mai di chi lo dà. Quello che io evinco dalla lettura del mio libro è che “un limite è un limite solo se uno lo sente come tale, sennò non è niente.” Che è una frase che mi sono inventata, ma che ho fatto dire a Plinio il Vecchio. Se qualcuno trova la stessa cosa mi fa piacere, ma probabilmente i ragazzi ci troveranno altre, com’è giusto che sia. Ognuno ha la sua Madame Bovary, ognuno ha la sua La fortuna, ognuno ha il suo Non ti muovere, ognuno ha il suo I miserabili. Ogni lettore fa del libro che legge quello che vuole, nessuno scrittore mette messaggi nei libri.

Francesco di Nuzzo

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