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19 Dicembre 2019

Il trionfo di un modello unico al mondo


Metti una signora. Nobile, mai decaduta, classe sopraffina, glamour allo stato puro. Osannata, ammirata, studiata come fenomeno mondiale d’attrazione, ma anche vilipesa, quando l’invidia prevaleva sulla visione oggettiva di una realtà unica al mondo. Prodotto dell’intuizione felice di un giovane principe destinato a diventare un capo religioso, amante del bello, questa signora di sessant’anni non ne dimostra neanche la metà. Quando si dice, il fascino. La Costa Smeralda è così, un prodotto esclusivo che in molti hanno tentato di imitare, con risultati davvero modesti, prima di arrendersi.



Quando, agli albori degli anni Sessanta, questi 2300 ettari di terra si candidavano a far conoscere all’universo mondo un patrimonio ambientale di assoluto pregio, e un mare dal color smeraldo che non ha uguali, nessuno immaginava che il mito di un paradiso destinato al jet set internazionale sarebbe durato così a lungo. Superata la fase iniziale, invece, la Costa Smeralda ha trionfato come modello, si è imposta come un brand inimitabile.



Proprio in quel frangente è cominciata la corsa a rivaleggiare con Porto Cervo e dintorni. Ci ha provato Porto Rotondo, ma le condizioni erano (come si può rilevare anche oggi) troppo differenti perché l’antica Monti di Mola (l’attuale Porto Cervo) potesse temere la concorrenza del borgo creato dai conti veneziani Luigino e Nicolò Donà dalle Rose.



Porto Rotondo ha provato a contrastare quello che sembrava lo strapotere smeraldino, ma poi ha capito che quel borgo doveva vivere di luce propria, senza sentire il bisogno di ispirarsi a Porto Cervo.



Poi, si è sviluppata Baia Sardinia (l’antica Battistoni), e si è ipotizzato che quel villaggio (anch’esso arzachenese) potesse essere quasi “complementare” alla Costa Smeralda. Un altro errore di valutazione perché il target di riferimento del turismo che ha poi popolato Baia Sardinia aveva poco o nulla a che fare con quello per il quale la Costa Smeralda era stata concepita.



Anche nel sud della Sardegna, c’è stato qualche timido tentativo di emulare il modello smeraldino, ma anche in quel caso la resa è arrivata in fretta. L’atout decisivo per la creatura del principe Karim Aga Khan è stato il rigore nell’uso sapiente del territorio, un bene che non andava consumato, ma tutelato e valorizzato. C’era il rischio che l’insediamento potesse sconfinare nella cementificazione selvaggia (negli anni del boom edilizio, era questo il timore), ma la storia - anche grazie alle regole ferree del Comitato di Architettura che tuttora vigila non solo sulle volumetrie - ha dimostrato che l’impatto su un’estensione così ampia era veramente limitato (la stima di tutta la Costa Smeralda è di circa 1,5 milioni di metri cubi). Questa è la ragione di un’eterna giovinezza, destinata a durare nel tempo.


Augusto Ditel

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