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22 Gennaio 2020

Il sarcofago di Spitzmaus e altri tesori – la stanza delle meraviglie


A volte sono sufficienti alcune opere di spicco per trascinare il pubblico dentro una sala. Questo evidentemente non è bastato ai curatori della mostra che si è appena conclusa alla Fondazione Prada. Il sarcofago di Spitzmaus e altri tesori è stato qualcosa di più di una classica esposizione. È come compiere un grande viaggio attorno ai capolavori della storia senza accorgersi di essersi spostati solo di qualche passo. Eppure, il risultato è di essere passati da un secolo all’altro, tutto volgendo solamente il proprio sguardo a coglierne ogni piccolo dettaglio.



Il merito va tutto al regista Wes Anderson e alla designer e scrittrice Juman Malouf, capaci di raccogliere e allestire 537 opere d’arte e oggetti provenienti da due musei austriaci: il Kunsthistorisches Museum e il Naturhistorisches Museum di Vienna. Inaugurati nello stesso anno (1891), i due rappresentano le roccaforti culturali più impostanti in Austria. Il Kunsthistorisches Museum è lo spazio che raccoglie più di 4 milioni di opere distribuiti a partire dal 1300, con la dominazione asburgica, mentre il Naturhistorisches Museum rappresenta uno dei musei di scienze naturali più significativi a livello mondiale, con i suoi 20 milioni di oggetti a disposizione per il pubblico.



Il sarcofago di Spitzmaus e altri tesori si estende lungo un arco temporale molto ampio, dal 3000 a.C al 2018, che è l’anno del ritrovamento di tre uova di emù. Questa grande estensione del tempo è un aspetto tuttavia secondario della mostra, perché ciò che colpisce una volta entrati nel Podium è la loro collocazione nello spazio. L’idea, lo spiegano gli stessi autori, è di mettere al centro della mostra non tanto gli oggetti in sé, quanto il fatto di collezionarli e possederli.



È il criterio che sta dietro il Wunderkammer, la stanza delle meraviglie dove vengono mostrati i contenuti più disparati. Oltre a ratificare lo status sociale del collezionista, disposto a offrire cifre altissime pur di ottenere quel cimelio, è un luogo dove il sapere viene mostrato in ogni sua declinazione e abbondanza. Si può trovare di tutto in un Wunderkammer, dai prodotti naturali (naturalia), agli strumenti di rara bellezza provenienti da chissà quale parte del mondo (artificialia). Più sono unici, sofisticati e originali, più sono capaci di provocare meraviglia.



Questa sensazione di stupore si percepisce non appena entrati, aiutati da un’illuminazione debole che va ad accentuare solo le zone dedicate alle opere in esposizione. L’assenza di didascalie (presenti solo nell’opuscolo posizionato all’esterno) non è una scelta causale, valorizzando prima di tutto l’impatto che l’utente prova davanti l’oggetto. Meno si sa, è più la meraviglia accresce.



Altro aspetto da tenere presente è la loro disposizione, lontana dalla metodologia che si vede nelle mostre classiche. Il sarcofago di Spitzmaus e altri tesori li raggruppa seguendo un approccio radicale. Colpiscono soprattutto le varie composizioni cromatiche, come il verde corallo di una delle aree situate all’entrata. Osservando quella piccola stanza si coglie subito l’incanto, giocando sui contrasti tra gli oggetti presenti in sala, dalle maschere, i vasi in ceramica al più delicato dei vestiti floreali. In mezzo, lo Smeraldo su piedistallo in rame dorato (1596) dove, attraverso su una piccola apertura in vetro, è possibile scrutare lo sguardo dell’altro affacciato nel lato opposto. La meraviglia sta in questo caso nella condivisione stessa di quell’esemplare, messo non a caso in una posizione strategica che lascia persino intravedere un’altra piccola stanza, la più sfarzosa, essendo tappezzata di quadri raffiguranti dei bambini con l’unica eccezione dell’Armatura per bambino (1568-1570) realizzata per Carlo d’Austria, figlio dell’Arciduca Ferdinando II.



Lungo alcune pareti si riconoscono alcuni dipinti che raffigurano volti nobili del passato, da Ritratto del Duca Giovanni Federico, Elettore di Sassonia (1550-‘51) di Tiziano Vecellio a Ritratto di Isabella d’Este (1600-1601) di Peter Paul Rubens. Difficile rimanere impassibili una volta entrati nella zona più illuminata della mostra, dove tra i vari utensili spicca un’edizione di lusso di un antico revolver Gasser e il set di trucchi del regista e sceneggiatore austriaco Hubert Marischka, E poi scettri, corone, elmi a forma di volpe e piccoli busti dei personaggi che hanno segnato, con le armi o col pensiero, la storia del nostro tempo. A chiudere in bellezza, il protagonista della mostra, il sarcofago di Spitzmaus, una sottile scatola di legno egiziana contenente i resti di un toporagno del IV secolo a.C. Chissà se da oggetto si tramuterà nel prossimo progetto di Wes Anderson. L’idea sarebbe interessante.


Riccardo Lo Re

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