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Il culto dell’acqua in Sardegna
26 Giugno 2020

Il culto dell’acqua in Sardegna


Acqua: da millenni, questo elemento viene adorato da tutte le culture del mondo con rituali, preghiere e doni votivi in numerose parti del mondo.


Anche la Sardegna non fa eccezione: qui il culto dell’acqua ha sempre avuto un ruolo molto importante, ne sono testimonianza i tanti siti archeologici e documenti storici arrivati ai tempi moderni, compresi i maestosi pozzi sacri che oggi popolano  le campagne sarde.


Ma in cosa consistevano i rituali dedicati all’acqua nell’isola? Ad oggi ciò che resta di queste usanze sono leggende ancora tramandate oralmente nei paesi più interni, vecchi riti cristiani propiziatori della pioggia con chiari rimandi al paganesimo e pochissime testimonianze scritte. Il mondo dell’adorazione dell’acqua in Sardegna fu vasto, complesso e senza dubbio molto affascinante.



Il culto dell’acqua nella storia


Si pensa che il culto dell’acqua in Sardegna sia sempre esistito fin dal Paleolitico. È con l’epoca nuragica tuttavia che secondo lo studioso Giovanni Lilliu questi rituali si sviluppano concretamente. Vediamo la comparsa infatti dei primi pozzi sacri, come a sancire la venerazione di questi popoli per l’acqua-divinità e per le sue proprietà magiche.


Proprio dalla misteriosa civiltà nuragica arrivano numerose testimonianze di questa adorazione e una di queste è la grande produzione di bronzetti sardi spesso rinvenuti proprio vicino ai luoghi di culto dedicati all’acqua.


Guerrieri, eroi e misteriose figure antropomorfe, i bronzetti secondo Pettazzoni sono anche la testimonianza della credenza che le acque di fonti e pozzi avessero proprietà curative e fortificatrici. Quando si osserva un bronzetto sardo infatti, spesso si può notare la presenza di quattro occhi o quattro braccia, non la rappresentazione di figure mitologiche però, secondo lo studioso, ma la testimonianza riportata sotto forma di scultura dei benefici dell’acqua. Quattro occhi per rappresentare la cura di un problema alla vista e il suo miglioramento, quattro braccia per lo stesso motivo: un ringraziamento da parte di persone guarite immergendosi nella fonte o pozzo magico.


Continuando a procedere nella storia dell’isola, è possibile poi notare come per molto tempo -e per certi aspetti ancora oggi- si siano celebrati due tipi di culti.



Il primo, quello riguardante le acque freatiche o di fonte sembra essere stato al centro delle vite dei pastori, i quali preferivano l’acqua di fonte a quella piovana in quando generata dalla Madre Terra e non caduta dal cielo e soggetta al ristagno, meno pura.


Il secondo rito di contro era legato proprio alla pioggia e celebrato dalle popolazioni che praticavano l’agricoltura con diversi rituali e processioni volte a far piovere.


Con il passare del tempo, questi riti hanno cambiato volto e “divinità”. Si è passati da Maimone, la divinità della pioggia alla quale venivano dedicate processioni e giornate di riposo fino ai santi e le figure di Gesù o Maria, mantenendo però nel corso del tempo una traccia degli antichi riti.



I monumenti all’acqua e i rituali


Sono molti i rituali legati all’acqua che si diffusero nell’isola.


L’acqua delle fonti ad esempio era garante della fertilità e della salute, così presso di queste i viaggiatori andavano spesso a pregare o ad attingere il prezioso liquido per curare le malattie del corpo e dello spirito.


Tanti anche i piccoli riti e leggende di paese legati all’elemento. Una delle più interessanti, racconta Turchi, era l’abitudine delle madri dei bambini che tardavano a parlare di portarli presso le chiese campestri di Sant’Antonio. Qua le statue del santo erano dotate di una piccola campanella che, una volta fatta tintinnare e riempita d’acqua, avrebbe aiutato il bimbo a parlare presto se lui avesse bevuto tre sorsi dalla stessa acqua versata al suo interno.



Ancora, nel piccolo paesino di Usellus per scongiurare le malattie cutanee ci si rotolava nella rugiada fresca del mattino, mentre in diverse zone dell’isola si riteneva che un buon modo per preservarsi dai mali per tutto l’anno fosse di cospargersi di acqua di mare nella notte di San Lorenzo.



Arriviamo poi ai pozzi sacri: vere e proprie discese in un mondo alternativo -quello divino- erano luoghi di raccolta di pellegrini che arrivavano da tutte le parti dell’isola. Qua dei sacerdoti amministravano il pozzo e i riti, accogliendo i fedeli durante tutto l’anno, ricevendo offerte per le divinità e diventando intermediari di queste ultime, curando e benedicendo i tantissimi che passavano per quel luogo in cerca di una grazia di qualche tipo. Alle volte lo stesso pozzo diventava anche un luogo di giustizia, un vero e proprio tribunale ordalico in cui gli “imputati” erano messi alla prova attraverso rituali con l’acqua che avrebbero deciso la sua colpevolezza o la sua innocenza.


Rituali caratterizzati da offerte e da divinità terrene della salute ma non solo, perché sembra che alcuni pozzi sacri siano stati realizzati per poter accogliere il riflesso perfettamente perpendicolare della luna durante il momento di massima declinazione, ogni 18 anni e mezzo. Molti storici hanno avanzato l’ipotesi dell’esistenza di riti dedicati all’astro infatti, in quanto i suoi significati sono in numerose culture simili a quelli dell’acqua.



L’acqua e le sue divinità nella storia


Il popolo sardo ha sempre avuto un rapporto contrastante con le divinità e le creature che hanno abitato o amministrato le acque dell’isola, reputandole a volte positive e altre negative e diaboliche.


Ai bambini di Nurachi, ad esempio, si raccontava che vicino ai corsi d’acqua e ai laghi abitasse su boi forraniu - un mostro con testa di bui e corpo ricoperto di squame- così da non farli avvicinare.


Così l’acqua diventava covo di spiriti maligni, guardiani protettori dell’elemento dopo le otto di sera secondo una leggenda di Silanus, oppure luogo che di nuovo durante la notte era strettamente legato a spiriti come le panas, le donne morte di parto.


Tra tutte queste figure troneggia poi quella di Maimone, divinità delle piogge e in generale della fertilità -della terra e delle genti- nonché protagonista di numerosissimi rituali per propiziare le precipitazioni.  Lo studioso Turchi pensa che Maimone sia stato portato in Sardegna dai greci e che, per questo, non sia altro che una delle versioni isolane di Dioniso. Un’ipotesi che troverebbe fondamento nei costanti rapporti dei sardi con i popoli mediterranei e con i concetti assimilati ad entrambe le divinità: fertilità e fecondità.



Il rapporto dei sardi con Maimone era duplice: si trattava di un dio benevolo ma incline a punire chi lavorasse durante i giorni di festa a lui dedicati, tra cui anche il Carnevale. I suoi riti ruotavano prevalentemente intorno alla richiesta della pioggia e si possono trovare ancora oggi in alcune processioni dedicate ai santi della tradizione cristiana.



Durante questi rituali infatti, molte effigi cristiane vengono portate in parata e poi immerse nelle fonti vicine al paese, nei torrenti o nel mare, alternando il processo a minacce-richieste rivolte alla divinità, come a volerla convincere a portare la pioggia.


In altri paesi come quello di Ghilarza invece, un’effige di Maimone o di un santo veniva portata in processione per le vie del paese su una barella e spruzzata d’acqua dalle donne del paese.


Oggi questi rituali sembrano spariti, sovrascritti dal cristianesimo che col tempo è entrato nelle vite dei fedeli e ne è diventato parte integrante. Nei riti cristiani di questi luoghi però -specialmente quelli legati all’acqua- sono sopravvissute molte eco dei riti pagani del passato. Lo spiega anche Nicoletti citando gli studi di Buttitta: “veniva in aiuto il simbolismo delle acque già presente nell’Antico Testamento, nei Vangeli e nelle successive dotte elaborazioni della letteratura patristica”.


Un culto, quello millenario delle acque, che non è mai sparito davvero: si è piuttosto adattato e trasformato. La sua importanza per i popoli dell’isola fu talmente grande che entrò a far parte in modo integrante delle loro vite e ancora oggi fa sentire le sue eco arcane nelle parole degli anziani e nelle storie raccontate ai bambini.


Benedetta Piras

Bibliografia:





  1. Il culto della acque in Sardegna. Miti, riti, simboli, Nicoletti, Iskra, 2018


  2. La civiltà dei Sardi: dal Paleolitico all\'età dei nuraghi, Lilliu, ERI 1967


  3. La religione primitiva in Sardegna, Pettazzoni, A. Zerbini e C., 1980


  4. Acque di vita, acque di morte. Aspetti del simbolismo magico religioso in area mediterranea, Buttitta, 2000


  5. Maschere, miti e feste della Sardegna, Turchi, A.C.S.M.,  1990


  6. Tredizione e innovazione del lessico sardo della medicina popolare in alta Marmilla, Usai, Delfino, 1975


  7. Una cerimonia per far piovere: Su Maimone, Frau, Fossataro 1978


Credits

Immagine di copertina


  • Pozzo sacro - Santa Cristina . Maurizio Cossu. License: CC BY-NC-SA. 


Galleria 1


  1. Bronzetto sardo


  2. Joshua J Cotten © unsplash


Galleria 2


  1. Fonte Sacra su Tempiesu, Rafael Brix, Suhl, CC BY 2.5


  2. Zane Lee © unsplash


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