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Gli architetti che crearono dal granito una pagina di storia

Dalla nascita di Porto Cervo fino alla creazione delle prime strutture alberghiere prestigiose. Quando la Costa Smeralda stava prendendo vita

Esistono posti magici e ancestrali che sanno trasmettere agli occhi un senso di meraviglia indescrivibile usando la forza delle parole. E la Costa Smeralda in questi 60 anni è riuscita a compiere un passo ulteriore che non è scontato. Per entrare nella storia serve infatti che un’idea possa entrare nell’olimpo del mito. Il 14 marzo del 1962 si cominciò a scrivere una pagina che ben presto si riempì di sogni e di immagini suggestive: un progetto realizzato ad hoc grazie alla visione del Principe Karim Aga Khan e del gruppo composto da Patrick Guinnes, John Duncan Miller, Felix Bigio, Andrè Ardoin e René Podbielski.

Porto Cervo

Con la fondazione del Consorzio Costa Smeralda ben presto si cominciò a pensare in grande, chiedendosi come fosse possibile trasformarla mantenendo intatti i lineamenti del suo volto. A partire dal 1963 quella risposta prese il nome di Porto Cervo, un borgo esclusivo e legato alla tradizione della Gallura. Le basi sono da sempre essenziali per costruire qualcosa di solido e avveniristico.  Ma non sono però sufficienti per attrarre i turisti desiderosi di un luogo che li rispecchi. Per essere una destinazione turistica di qualità si servirono di un comitato d’architettura che ben presto diede forma alla Costa Smeralda come la conosciamo: uno spazio che si rivolge al futuro e che si spinge sempre oltre le aspettative. Quando uno pensa che il lusso abbia raggiunto il punto più alto, dovrà poi ricredersi quando passa per uno degli hotel presenti in questa porzione di Sardegna.

Come sia stato possibile fondere ambiente e architettura senza stonature resta ancora un segreto. Eppure, qui si vede come la fantasia unita all’ingegno sia in grado di connettere i due lati della bellezza di un luogo: da un lato un paesaggio idilliaco che illumina l’estate con i suoi colori agrodolci; dall’altro la nascita di complessi che con un tocco quasi spontaneo hanno tracciato una linea impercettibile sul terreno, lasciando ampio margine alla natura di mischiarsi e di interagire con essi. Si pensi al Cala di Volpe, realizzato da Jascques Couëlle – e terminato al figlio Savin – ispirandosi alla tradizione sarda ma tenendo sempre in considerazione in suo stile che spingeva verso delle «forme morbide e arrotondate» simili a delle sculture. Luigi Vietti, esponente del razionalismo architettonico, con il Pitrizza mantenne le sue geometrie ben definite ma instaurando sempre un dialogo con la natura. Una fusione presente anche nell’Hotel Romazzino di Michele Busiri-Vici, grazie a uno studio attento dei materiali presenti in Gallura.

Riccardo Lo Re

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