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18 Novembre 2019

Energia sostenibile – quale futuro per la Terra?


Una ricerca condotta dal docente Narasimha Rao dell’Università di Yale ha dimostrato che, offrendo l’accesso all’energia alle fasce più deboli, è possibile accrescere lo standard di vita dei paesi in via di sviluppo senza particolari effetti sul clima.



La sostenibilità ambientale non è più un tema che ricorre solo nei corridoi accademici o della scienza, ma è finalmente sconfinato all’interno dell’agenda politica internazionale. L’opinione pubblica è stata colpita da questa folla gioiosa e spontanea di ragazzi che, il venerdì, ha riempito le piazze gridando al mondo che non si può più aspettare, ma agire attraverso scelte politiche drastiche e condivise.



In questi ultimi mesi l’impressione è che, oltre ai proclami e alle dichiarazioni avvenute nelle sedi istituzionali, si stia davvero facendo fatica a trovare una soluzione negli interessi di tutti. Al contrario, è più facile scontrarsi nel trovare i veri colpevoli, riscontrabili in passato nelle grandi potenze occidentali, e nel presente in quelle che stanno piano piano emergendo.
Tutto questo in verità non offre alcun vantaggio in vista delle sfide da affrontare in futuro. Le notizie di cronaca odierna non sono del resto rincuoranti rispetto alle condizioni sociali che si trovano le popolazioni di paesi come India e Cina.



Il loro prodotto interno lordo è in costante ascesa, non c’è ormai più dubbio al riguardo. Ma a quale costo? L’ambiente è la prima a pagarne le spese, dall’inquinamento dell’aria alle possibili contaminazioni a livello idrico. Lo smog visto nelle immagini di New Delhi coperta da questo strato irrespirabile è uno dei segnali di allarme più significativi di un modello che, sin dalla prima rivoluzione industriale, non è capace di separare l’aumento del PIL con quello delle emissioni di gas serra.



Il fatto stesso che queste realtà produttive e sociali siano entrate con forza sul mercato pone ancor di più l’accento sulle conseguenze ambientali del pianeta, di cui già adesso si possono intravedere i primi sintomi.



È di fronte a queste questioni che Narasimha Rao, insieme ai colleghi dell’International Institute for Applied Systems Analysis con sede in Austria, ha basato la sua ricerca. Secondo il progetto denominato Decent Living Energy, l’estensione di uno stile di vita regolare ai ceti più bassi porta certamente a una maggiore domanda di energia della popolazione.



Ciò che emerge in questo studio è che questa richiesta non si traduce necessariamente a una ricaduta dal punto di vista climatico.


Per sostenere un tenore di vita dignitoso è necessario quindi che ci sia un equo accesso ai servizi messi a disposizione da una società, come una casa sicura, dei pasti sani e nutrienti, l\'acqua e servizi igienico-sanitari, un’istruzione primaria, un’assistenza sanitaria e la possibilità di un trasporto pubblico efficiente.



Intervistato dal New York Times, Rao sottolinea come sia utile tenere conto dell’eterogeneità e delle diseguaglianze sociali quando si tratta di stabilire quali modelli attuare in vista di una crescita economica di uno Stato. Spesso si mette in relazione il benessere di una società con tutti gli elementi che determinano il prodotto interno lordo nazionale. Così, però, si tralasciano alcune situazioni dove invece è indispensabile intervenire per diminuire le iniquità di una popolazione.



«Il raggiungimento degli obiettivi dell\'accordo di Parigi - afferma Narasimha Rao - può avvenire solo con una maggiore attenzione all\'equità. È difficile perseguire questi cambiamenti senza pensare di condividere gli sforzi. Il dibattito che prevale sui cambiamenti climatici e sulla transizione energetica equipara il benessere al P.I.L. Su questo aspetto dobbiamo andare oltre».


Riccardo Lo ReFonti:

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