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Mangiare sardo allunga la vita

La Sardegna come Okinawa: 22 ultracentenari ogni 100mila abitanti. Tra i fattori legati alla longevità anche lo stile di vita e un regime alimentare ricco di cibi salubri e naturali come formaggio, pane, carciofi e

Si chiamano Blue zones, sono i luoghi al mondo dove si vive più a lungo – Sardegna, Ikaria, Loma Linda, Okinawa, Costa Rica -, tutte aree accomunate da alcune caratteristiche strategiche.

Alla base del piano alimentare ci sono produzioni agroalimentari salubri e naturali ricche di proprietà nutritive, si vive prevalentemente in centri abitati di piccole dimensioni e in comunità in cui la famiglia è il cuore pulsante di una vita sociale intensa e armoniosa, si conduce da sempre una vita tendenzialmente attiva, vista la cultura agropastorale delle popolazioni anche perché si tratta di aree morfologicamente ricche di pendii scoscesi che costringono a camminate salutari e fa parte della storia.

«Il resto del mondo, e il resto dell’Italia – ha spiegato Roberto Bernabei, direttore del dipartimento di geriatria al Policlinico Gemelli di Roma e presidente di Italia Longeva, il network voluto dal Ministero della Salute, durante il recente congresso nazionale di Geriatria e Gerontologia – dovrebbe imparare dallo stile di vita di queste popolazioni».

Tra le Blue zones, la Sardegna vanta insieme all’isola giapponese di Okinawa il più alto rapporto tra abitanti e ultracentenari: 22 ogni 100mila abitanti, contro una media mondiale di 8 ogni 100mila abitanti. Diversi studi condotti inizialmente dalla facoltà di Biochimica dell’Università di Sassari, hanno dimostrato che la longevità del popolo sardo è legata a un mix di fattori genetici, ambientali ma è anche riconducibile allo stile di vita, e a un regime alimentare ricco di cibi salubri quali: formaggi prodotti con latte ovino e caprino, da capi allevati a pascolo brado e quindi ricchi di CLA, acido grasso dalle proprietà antitumorali e un valido alleato contro l’ipercolesterolemia; latticini ricchi di fermenti lattici vivi, come lo “Joddu” o il “Casu axedu”, con importanti proprietà probiotiche; pane di semola di grano duro a lievitazione naturale, processo produttivo tradizionale che conferisce al nostro pane un basso apporto glicemico e un’alta digeribilità; il carciofo spinoso con le sue proprietà epatoprotettive, antiossidanti e disintossicanti; le zuppe di legumi e verdure di stagione; il vino rosso Cannonau, ricco di polifenoli con elevate proprietà antiossidanti, che negli ultimi anni è stato oggetto di diversi studi che lo inseriscono per le sue proprietà benefico tra i prodotti simbolo della dieta dei centenari di Sardegna.

«Sono numerose – commenta il presidente del Cipnes Gallura Mario Gattu – le filiere produttive dell’agrifood che si fondono in maniera indissolubile con la vita del popolo sardo scandita dai ritmi della campagna e dei piccoli centri urbani, produzioni uniche in cui gusto e genuinità si uniscono a processi produttivi tramandati di generazione in generazione, e oggi sviluppati con l’aiuto di moderni impianti di lavorazione, che ne consentono la distribuzione anche nei mercati internazionali. Prodotti autoctoni – prosegue il presidente – come i formaggi, che nascono da pascoli spazzati dal maestrale ogni giorno, i dolci, simboli di una ricerca della qualità e del festeggiare attraverso la religione; i vini, un mix di storia che vede nell’isola il primo vitigno autoctono, coltivato sin da primi nuragici, prodotti che raccontano e si integrano in una tradizione millenaria».

Augusto Ditel

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