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Lo scooter che volle essere auto

L'antenata delle microvetture, oggi tanto di moda, ha genitori italiani e francesi

Lo scooter che volle essere auto

L’antenata delle microvetture, oggi tanto di moda, ha genitori italiani e francesi.

Tutto nacque agi inizi degli anni Cinquanta, quando, finita da poco la Seconda Guerra Mondiale si cercava di uscire da quel periodo e si cercava, contemporaneamente, di far ripartire l’economia con varie iniziative fra cui quella di favorire i consumi. Oltre a sviluppare una mobilità di massa. Che poteva, avvenire grazie anche all’acquisto di auto. Meglio se piccole, di cilindrata, volumi e consumi. E dai costi, per l’utente, limitati. Tra i diversi tentativi pensati e realizzati da varie case automobilistiche, fra cui la BMW, ce ne fu uno, quasi una prefigurazione dei Europa Unita, dalla doppia cittadinanza, italiana e francese. Un bizzarro veicolo approntato nella fabbrica ACMA di Fourchambault, comune francese nella regione della Borgogna, gemellato con quello toscano di Pontedera, basato su un progetto tutto italiano della Piaggio, disegnato dagli ingegneri Corradino D’Ascanio, a cui si deve la Vespa e dal collega Carlo Doveri. Il nome della società costruttrice era un acronimo e stava per Ateliers de Construction de Motocycles et Automobiles, formalmente una consociata, in realtà fondata dalla società italiana per poter vendere in Francia i suoi prodotti senza che fossero appesantiti nel prezzo da oneri doganali. Se all’inizio la produzione riguardava, solo su licenza, lo scooter “Vespa – a cui poi vene affiancato il motocarro Ape e poi, in seguito, su richiesta del Ministero della Difesa francese la Vespa 150P TAP curioso mezzo anticarro paracadutabile pensato per la guerra in corso in quegli anni in Indocina e poi usato in quella di Algeria – si pensò di passare a qualcosa di più impegnativo. L’idea di base era di usare un motore di provenienza motociclistica per un’auto di piccole dimensioni. Con poche e chiare caratteristiche: economica, popolare e di facile realizzazione. Dopodiché si cercò un nome che avesse, si direbbe oggi, appeal. La scelta fu veloce e immediata: Vespa Acma 400. Dimensioni compatte, lunghezza 2,8 metri, per 1,2 di larghezza, e altezza, peso 380kg a secco, passo 1,6m. Il mezzo aveva un motore bicilindrico in linea posteriore raffreddato ad aria di 393cc, distribuzione rotante, a 2 tempi, a miscela, come la Vespa appunto. Il cambio era a 3 rapporti, oltre alla retromarcia, a 4 marce solo nel modello GT del 1961, la frizione a monodisco a secco. La potenza era di 13cv – DIN a 4350 giri e 14 cv SAE a 4700 giri dal 1959 – che permetteva di raggiungere i 90km/h e assicurava un consumo d 16,5 km/h con un litro di carburante. Il serbatoio era da 23 litri a miscela mista benzina/olio, per la preparazione della stessa sotto al cofano era sistemato un serbatoio per l’olio da 2,4 litri a scala graduata e manovella.

Un’altra particolarità era il posizionamento della batteria da 12volt situata anteriormente, sotto il vano bagagli ed estraibile aprendo uno sportello situato al centro della calandra. La configurazione era un 2+2 posti, le portiere aerano d’apertura antivento. Tre le versioni approntate: Luxe, Tourisme e GT. Dopo il collaudo de primi tre prototipi nati nello stabilimento di Pontedera i responsabili della Piaggio ebbero un incontro con Vittorio Valletta, presidente della Fiat che proprio in quel periodo stava sviluppando la Nuova Fiat 500. Valletta fece osservare come fosse commercialmente più conveniente non intralciarsi nel mercato a vicenda, per lo meno in territorio nazionale. La scelta di trasferire tutto in Francia fu, quindi, un passo obbligato, solo un centinaio di modelli vennero previsti per la vendita in Italia. Presentata al Salone dell’Automobile di Parigi nel 1957 ebbe un buon successo e arrivò, in pochi mesi, a raccogliere oltre 20mila prenotazioni. A suo vantaggio aveva un design accattivante, le misure ridotte, era confortevole ed elegante, e, per lo standard dell’epoca, aveva un bicilindrico che la rendeva particolarmente scattante. A cui si aggiungevano la facilità di guida, il riscaldamento montato di serie e il tetto apribile in tela. Potenzialmente era un mezzo particolarmente gradito dalle signore della buona borghesia in vena di autonomia locomotoria. Le linee di montaggio iniziarono a sfornare circa 30 vetture al giorno, ma l’obiettivo era quello di arrivare a 100. Il problema fu l’arrivo sul mercato della 500 che distrusse le potenzialità della Vespa 400 e ne decretò la rapida fine, trasformandola in oggetto ricercato di culto collezionistico. Soprattutto in Estremo Oriente. (Fabio Schiavo)

SCHEDA TECNICA

  1. Lunghezza 2,854 mm.
  2. Larghezza 1,271mm.
  3. Altezza 1250mm
  4. Passo 1693mm.
  5. Peso a secco 380kg
  6. Cilindrata 393cc
  7. Motore 2 Tempi bicilindrico in linea, a miscela, distribuzione rotante, raffreddato ad aria
  8. Velocità max 90km/h
  9. Consumi 16,5km/litro
  10. In produzione dal 1957 al 1961
  11. Esemplari prodotti circa 30.000

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