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L’addio a Emanuel Ungaro

Il maestro della sensualità, del colore e dell’esuberanza

Quando un grande artista muore è difficile percepire il vuoto della sua assenza poiché questa è colmata dalle opere che ci lasciato. Le sue creazioni continuano a parlarci di lui, instillano nuova linfa a chi ne raccoglie il testimone e arricchiscono il nostro vissuto, rendendo immortale il segno che ha contraddistinto il suo passaggio sulla terra.

È questo il caso del grande couturier Emanuel Ungaro, scomparso a dicembre, e che nonostante si fosse allontanato dalle scene da qualche anno riusciva ancora a far parlare di sé attraverso il suo stile. Quello stile così peculiare che affondava le sue radici nel savoir faire paterno – il padre gli insegnò i rudimenti del mestiere – e nella formazione avvenuta col couturier spagnolo Cristobal Balenciaga: “Un uomo straordinario: rigoroso, onesto, mai frivolo. È stato il guru della moda”. Proprio nell’atelier parigino di Balenciaga Ungaro ha mosso i primi passi nell’alta moda, diventando il suo pupillo.

Nato nel 1933 ad Aix en Provence da genitori pugliesi che erano fuggiti dal regime fascista, a 22 anni Emanuel si trasferisce a Parigi e nell’atelier di Balenciaga apprende quel rigore e perfezionismo che gli saranno indispensabili per fondare il proprio marchio. Stagione dopo stagione, si rivela diverso dagli altri stilisti grazie a un uso completamente innovativo di colori sensuali e stampe vivaci combinati su bellissimi drappeggi.

Nel 1965 apre il proprio atelier in Avenue de Montaigne, nel cuore del quartiere della moda parigina, e dal 1967 la Maison acquisisce una fama internazionale per l’indiscutibile femminilità delle sue creazioni, per la purezza con cui vengono realizzate le silhouette, per l’uso di stampe sgargianti e la squisita attenzione ai dettagli e ai colori.

Coltivando i sogni e le memorie del passato, Emanuel Ungaro ha saputo trarne ispirazioni e adattarle al mutare dei tempi e dei gusti, traducendo le emozioni in abiti. È stato il primo a osare minigonne con ruches e pois assieme a stivali inguinali, abiti in maglina di seta con fantasie floreali e geometriche, lunghi blazer color oro e caban in jersey, tutti accumunati da un unico fil rouge, l’enfasi sul corpo femminile, il trionfo del sex appeal.

Le sue creazioni scaturiscono da esperienze di viaggio, da incontri, da suggestioni evocate da brani lirici, in un mix assolutamente all’avanguardia. “È difficile spiegare in che modo nascono certe intuizioni. Nel ’68 ho deciso di mescolare gli stampati. Non c’era un perché, ho semplicemente tradotto una sensazione”. Nascono così i suoi drappeggi, gli accostamenti di fantasie, il linguaggio spregiudicato ma sempre estremamente raffinato.

Ungaro è stato definito il “chirurgo” dell’eleganza perché lavorava in camice bianco ascoltando brani di musica classica: “Il mio sogno è fare abiti con gli stessi ritmi e le stesse armonie dei quartetti d’archi di Beethoven”. Dell’infanzia amava ricordare: “Mio padre Cosimo faceva il sarto, io cucio dall’età di sei anni. Sono cresciuto in una famiglia numerosa. La domenica ci si ritrovava con gli amici per cantare: mio padre adorava l’Opera, io facevo Rodolfo e lui Mimì, le donne preparavano la pasta e le polpette. Ancora adesso quando mi sento giù di morale mangio pasta e polpette. Mi confortano”.

Hanno indossato gli abiti di Ungaro donne celebri e bellissime: Caroline di Monaco, Isabelle Adjani, Salima Aga Khan, Catherine Deneuve, Jackie Kennedy, Lee Radzwill, Lauren Bacall e Ira Furstenberg, le Rothschild. La sua prima musa fu l’attrice Ainouk Aimeè, e quando raggiunse l’apice del successo, tra gli anni Ottanta e Novanta, fu consacrato da star internazionali quali Marisa Berenson, Claudia Cardinale e Sophie Marceau. Gelosissimo della sua vita privata, ha sempre avuto al suo fianco l’amata moglie Carla Bernabei e la figlia Cosima, che porta il nome del nonno.

Nel 2004 Ungaro ha lasciato la sua Maison, e il brand che ne ha preso le redini, stagione dopo stagione, continua a elaborare e reinventarne i ricchi disegni e i motivi caratteristici, il cui fulcro resta l’amore per la femminilità e la seduzione. Oggi il marchio è presente in tutti i mercati internazionali grazie alle collezioni di prêt-à-porter, agli accessori per donna e uomo, e alle tante fragranze di successo, fra cui Diva, lanciata nel 1983, Senso, Ungaro, Fleur de Diva, Desnuda e Apparition, fino all’ultima fragranza maschile, L’Homme, lanciata nel 2018.

“Io amo tutto ciò che canta. Amo Debussy e il free jazz, Paolo Uccello e Motherwell, Proust e Peter Handke, i colori, il colorismo, l’impressionismo. Amo il calore del Sud ed il freddo del Nord. Il couturier esiste per precorrere, indovinare un desiderio in un balzo. Io dovrei stare zitto. Sono i miei abiti a parlare”. Emanuel Ungaro

Nathalie Anne Dodd

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