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Antonio Nivola, il maestro artigiano

Falegname della folta schiera degli artigiani di Orani, fa rivivere il fascino di una società ormai scomparsa

«La falegnameria artigiana Nivola nasce negli anni Sessanta da Gonario Nivola, mio padre – spiega Antonio – che intraprese un periodo di apprendistato giovanile presso alcuni artigiani di Orani e dei paesi limitrofi. Nel 1993, dopo gli studi superiori tecnici e una breve esperienza universitaria a Milano, decido di prendere in mano la bottega di famiglia. L’esperienza milanese mi ha permesso di conoscere gli ambienti del design e dell’architettura d’interni che mi hanno ispirato sin dalle prime creazioni.»

E se è vero che la società si trasforma, emergono nuovi mestieri mentre altri diventano vecchi e superati, è senz’altro vero che restano quelli antichi e duraturi, pronti a resistere e a rinnovarsi secondo le esigenze dei tempi, mestieri carichi di storia in cui, tra relazioni e competenze si intrecciano saperi, valori e bellezza. Si avverano pratiche che hanno a che fare con l’insegnare e l’imparare, nei lavori insostituibili e necessari come possono essere il vasaio o il cardatore, il calzolaio e il sarto.

I nostri nonni possono raccontare come venivano praticati questi lavori nell’Italia rurale artigiana di mezzo secolo fa, facendo rivivere un mondo ormai scomparso, portandoci ad indagare tra la creatività dei padri che, con pochi strumenti e molto genio, riuscivano a creare veri oggetti d’arte.

 

«Non ho mai percorso la strada del mobile tradizionale, quello cioè tipicamente intagliato – afferma Antonio Nivola – L’idea sulla quale si fonda la mia produzione di mobili e complementi d’arredo è molto semplice e si basa principalmente sull’antica tecnica dell’incastro con la quale realizzo oggetti in legno massello stagionato e pregiato, dalle linee essenziali, che danno risalto alle caratteristiche cromatiche del legno e in cui l’incastro a vista costituisce il principale motivo ornamentale e l’essenza strutturale.»

 

Un paradigma che ricorre e si applica, quasi a dimostrare di aver già netta in mente una sua cifra stilistica esatta, identica al suo linguaggio asciutto in cui anche la sua produzione risulta chiara e leggibile, straordinariamente contemporanea e, insieme, arcaica.

Antonio Nivola è un artigiano barbaricino che del legno ha fatto una sua materia d’elezione, ne riconosce il profumo, ne plasma le forme e, nei suoi complementi in materiale pregiato, genera pezzi unici con un legame indissolubile tra design e tradizione, continuando a modellare una storia lunga di generazioni, con pazienza e autentica perizia.

Col legno massello, piazza veri e propri colpi di professionalità in una materia viva, ridisegna echi delle arti applicate dei primi del Novecento; le sue opere non sono costrette a combattere con l’arredamento cheap perché non ne fanno assolutamente parte.

Sono cose che chiedono di essere possedute, non comprate, parlano di primitivismo, di cromie calde in geometrie avare in un design talmente asciutto da ricondurre al più sobrio minimalismo, hanno forme limpide di rara bellezza e una loro peculiare funzionalità discreta.

È la tradizione ripensata con occhi nuovi, progettata e proiettata per un futuro che è già qui.
E il termine “tecnica”, dimenticato o travisato, spesso imbozzolato nel grigiore lessicale, sa ancora illuminarsi di alti significati non solo estetici ma anche etici. La collezione di Antonio Nivola, nel suo essere espressione di un modo di fare arte in cui riscoprire consapevolezza individuale di chi fa ed efficacia relazionale verso chi fruisce, spiega quel che serve e insieme fa ordine.
Spesso si tratta di opere scultoree funzionali al quotidiano, opere prime che riempiono e riscaldano l’intimità dell’abitazione di oggi, superfici rassicuranti, la cui percezione porta a una loro contemplazione silenziosa e appagante.
Negli anni Sessanta, quando Gonario Nivola, classe 1945, apre bottega si scontra con gli anni dell’espansione immobiliare e la falegnameria lavora in parallelo con il boom edilizio, producendo in special modo serramenti esterni e porte interne, mentre il settore dell’arredamento non decolla. Si preferisce, in quegli anni e per tutti gli anni Ottanta, il mobile industriale.

Gli anni 90 vedranno invece un’inversione di tendenza, con l’edilizia in declino e l’invasione di serramenti in alluminio e PVC, la falegnameria Antonio Nivola scopre un nuovo trampolino di lancio proprio quando l’intero segmento fatica a ricollocarsi sul mercato. Sono questi gli anni in cui il giovane Antonio, classe 1971, dopo l’esperienza universitaria, prende in mano la bottega artigiana di famiglia rifondandola totalmente.

L’attività di produzione dei mobili si è concentrata sulla ricerca di linee rigorose, talvolta frutto di reinterpretazioni di modelli provenienti dalle arti applicate dei primi del ‘900 e ritenuti attinenti allo stile di vita contemporaneo.

Giorgio Pellegrini, docente di storia dell’arte all’Università di Cagliari, letteralmente si innamora di una cassapanca di Antonio Nivola, decide di conoscere il giovane autore contemporaneo dal cognome coincidente con l’artista di fama internazionale Costantino Nivola, a cui ad Orani è dedicato il museo, commentando: «Quello che ho sempre colto, con profondissima emozione, nel cuore del lavoro di Antonio Nivola è una risposta al suicidio egotistico delle Avanguardie e sul fallimento del progetto di rinnovamento auspicato nel Bauhaus. Questo eletto adepto della tèchne, che solo una stralunata “fortuna di mappamondo” ha confinato in quel del Marchesato di Orani nell’aspera Barbaza. Artigiano ebanista o scultore? Mobili o elaborazioni plastiche? Arredamento oppure arte? Godibile il quesito che sprigiona dall’uomo e dall’opera sua. Perché la risposta annienta sorridente il bivio. Antonio riempie vigoroso tutte e due le risposte e uguale, doppio responso affermativo merita l’interrogarsi sui suoi lavori. Uno solo, dei due, sarebbe limitativo. Antonio “sa” quello che fa e “sa” come si fa.»

Invece a detta della moglie, Laura Pintus, non sempre Antonio sembra sapere proprio tutto. Pare infatti che la creatività non coincida affatto con i tempi della gente, quindi questo artista delega tutto il resto a lei, l’unica in grado di fare l’antica e sempre attuale tecnica a incastro delle cose pratiche di ogni giorno perché, insieme da una vita, lei sa che per ogni ispirazione non solo serve spazio e silenzio ma concentrazione e libertà.
Negli studi di fattibilità condotti in laboratorio con modelli in scala 1 a 20 anche la figlia Arianna partecipa collaborativa, dimostrando già l’estro e il talento di una piccola maker, imparando come mettere a punto il ritmo del pezzo, la cura e la ricerca della tavola giusta, quella con la venatura più adatta perché alcuni oggetti si devono poter leggere in continuità, per altri è la venatura a essere protagonista.

Anna Maria Turra

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