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Alessandro Mola creatore di ceramiche

Dal nonno omonimo ha ereditato talento e passione. Dalla sua Sardegna la tenacia e il gusto per la tradizione

Ereditare un nome dal nonno ti costringe a ereditarne l’attitudine? Intanto che l’opinione pubblica cerca di rispondere a questa domanda, Alessandro Mola junior continua a creare. Le sue statue di donne in ceramica sono esattamente come quelle che creava suo nonno, che nel dopoguerra fondò la scuola di ceramica che in Sardegna darà vita ai più grandi artisti del secolo. Molto simile ad Andy Wharol, e non solo nelle iniziali capovolte del nome, Alessandro se ne sbatte completamente di ciò che la gente pensa della propria arte e continua a plasmare donne nonostante la sua laurea in veterinaria. Lasciando il compito di occuparsi di come veicolare il suo prodotto al compagno di liceo Enzo Caddeo, ingegnere di impianti per le nuove energie, che ne decreta una linea di comunicazione completamente nelle mani del pubblico.

Ed è un successo che continua imperterrito, una vera standing ovation: le statuine del nonno di Alessandro, già sufficientemente famose per essere apparse nel film di Benigni, continuano a replicare il concetto che la vita è, oltre che bella, molto strana.

«Occuparmi di comunicare i contenuti della Ceramiche Mola è stato un passo obbligato – ammette Enzo Caddeo, chief content officer – una specie di investitura dei miei avi; quando ci siamo ritrovati io e Alessandro, dopo diversi anni dal liceo, davanti alla statuina della filatrice ho dovuto registrarne il forte potere evocativo: quella donna in ceramica era in qualche modo la rievocazione dell’essenza di mia nonna, una donna che aveva su di me un ascendente fortissimo. Questi pezzi hanno un potere suggestivo, una loro precisa forza che modifica le circostanze.»

 

Legami e imperativi si trasmettono attraverso queste sculture di ceramica nelle diverse fasi del tempo perché, se il nonno è stato in grado di far esitare la macchina da presa di un regista da Oscar, resta il fatto che le rivisitazioni del nipote Alessandro hanno il medesimo appeal ancestrale. Ed è proprio l’attualizzazione che fa Alessandro Mola delle testine della donna di Desulo, quella sua interpretazione a prima vista identica al passato, immutata negli abiti tipici e nel processo artigianale, che di fatto risulta straordinariamente moderna. Alessandro jr reca in dote l’elegante rigore di messa in scena ma, nello spazio limitato di una scultura, aggiunge un numero di declinazioni espressive e plastiche davvero incredibile. Negli anni Trenta le donne non potevano certo sostenere lo sguardo dell’uomo; le sarde, sebbene riportate dalle narrazioni ai giorni nostri come presenze fortissime, dovevano tuttavia tenere lo sguardo rivolto verso il basso. Tutte tranne la filatrice che, per ovvie esigenze professionali, doveva tenere gli occhi ben aperti. Alessandro jr fa dei loro sguardi uno sbalorditivo segno dei tempi e, consegnandoci il medesimo incanto garbato del Novecento, dà una testimonianza di come si sia trasformato l’immaginario femminile. Quelle di oggi sono donne in ceramica che sostengono lo sguardo ma, con l’evidenza di una loro bellezza classica, sostengono in modo altrettanto consapevole un rito di seduzione sempre uguale a se stesso. Sono innumerevoli le volte in cui i clienti si soffermano rapiti dichiarando di esser stati scelti da una di loro, confusi dalla molteplicità dei dettagli che differenzia ciascun’opera, dall’aura luminescente, ipnotica e, per alcuni versi, sottilmente ambigua.

«Capita spesso anche a me di fare degli errori – dice Alessandro Mola – sono numerose varianti e, in fase di catalogazione, mi sembra che cambino espressione quasi come se tra di loro si influenzassero: c’è quella di Ittiri, di Atzara, la più richiesta resta quella di Desulo e di Bono.»

Ogni statua è interamente dipinta a mano nelle riproduzioni fedele del costume tipico, quello desulese ha la caratteristica della doppia vestibilità e veniva indossato al contrario per i momenti domestici, sul lato buono per la messa o per altri doveri al di fuori delle mura di casa. Il costume di Desulo, comune compreso nella regione storica della Barbagia del Mandrolisai nella provincia di Nuoro, è unico per foggia e colori. Un abito di fatica che nelle sue varianti accompagnava tutta la vita delle donne, dalla nascita fino alla morte e, dal costume da bambina, ragazza o sposa, l’intensità e la gamma dei colori è impressionante. Non è prevista l’ostentazione dell’oro o dei preziosi in questo modello, ad eccezione dei bottoni che in genere sono frutto di regalo alla sposa e, precisamente, della madrina alla figlioccia. Tra la donna e la ragazzina con bottoni in argento o in oro, la scelta si presenta difficile così come tra i diversi abiti o tra i dettagli del volto, quelli delle ciglia e delle unghie. Mezzo busto bianco etereo a dar risalto al modellato o figura intera in una scelta di abiti tradizionali che ne determinano la personalità e la provenienza?

Chi vuole potrà certo credere che siano solo statuine eppure quel che accade è che la casa e gli spazi domestici da anni insistono nel fornire una forma cinematografica a queste eroine: soggetti in ceramica che senza scomporsi possiedono un allure mutevole a seconda degli ambienti e soprattutto degli sguardi. Statue bianche o multicolor che riescono ad avere una loro vita in quello stesso modo in cui il filosofo bulgaro Mickhael Aivanhov, nei primi del Novecento, sosteneva che gli oggetti sono vivi grazie al pensiero dell’uomo. Poi Aivanhov diventa seguace di Deunov che annuncia nel 1914 l’inizio dell’era dell’Acquario rappresentata simbolicamente da un vecchio saggio che versa l’acqua, cioè una nuova saggezza.

Così se Mola il Vecchio sosteneva che la vita è una cosa seria fatta di cose semplici, Enzo Caddeo cerca un modo semplice per spiegare seriamente le suggestioni che queste opere hanno su di un pubblico sempre più vasto e, rivolgendosi ai pianeti, parte l’ennesimo successo, quello dell’e-commerce che con ceramichemola.it vede l’entrata in scena Paola Marras, firma di Astra, rivista specializzata di astrologia, che scrive gli oroscopi per Tgcom24. Per ogni statua della collezione tratteggerà un profilo zodiacale da confrontare, al momento dell’acquisto, con il cielo astrale dell’acquirente o del destinatario dell’opera perché questi pezzi sono anche, ovviamente, gettonatissimi oggetti regalo.

«Viviamo in un pianeta che se ne sta all’interno di un sistema solare – dice Paola Marras – come accade per le maree è chiaro che gli astri sono in grado di esercitare un’influenza importante anche sull’uomo che per l’80% è composto d’acqua.

E come l’acqua e la terra determinano unioni rare in grado di dar vita alle ceramiche, anche il legame familiare si evidenzia a livello astrologico in tutta la sua potenza: alla nascita di Alessandro jr la Luna, che è simbolo di un profondo mondo interiore e di emozioni, si trovava nel cielo nello stesso identico punto in cui, alla nascita del nonno, si trovava Venere, il pianeta dell’arte. Nel tema natale di Alessandro jr si può leggere un forte senso artistico e un profondo amore per il mondo femminile. Mentre il nonno, nato nel 1903 sotto il segno dei Gemelli lascia che l’arte sia un gioco in un ring serrato tra seduzione e viaggio. Muore tre anni prima della nascita di Alessandro che ne eredita il patrimonio astrologico e, da Cancro, ne apporta l’amore per le tradizioni e per la famiglia.

C’era una volta e c’è ancora diventa presto lo slogan del brand Mola, snodandosi nel corso di una storia fatta di citazioni. «Ciusa e Melis – ricorda Alessandro jr – sono ceramisti destinati ad avere un posto importante nella storia dell’arte della ceramica sarda, sono contemporanei di mio nonno il quale però ha voluto trasformare l’espressione dei visi in una linea più morbida e plastica, meno caratterizzata e, addolcendola con tratti più neutri, ha saputo rendere la sua produzione artistica adatta all’esportazione nel continente.»

Con Venere in Cancro e Nettuno in Scorpione, propiziatori e artefici di bellezza, si spiega come il mercato trasformi da sempre il prodotto di Alessandro Mola in un vero e proprio oggetto di culto, premiandone i gesti di innovazione come per molti artisti, che a partire da osservatori privilegiati, si sono lasciati intrigare dalle costellazioni.

Ne è un esempio la basilica di San Petronio a Bologna, nella piazza Maggiore, in cui il riferimento a misurazioni astronomiche è nella pavimentazione che viene illuminata su ciascun segno dello zodiaco dalla luce del sole che filtra da un foro nel soffitto.
Nell’aula consiliare di Confindustria a Cagliari, busti di ceramiche Mola vengono spesso ripresi dalle telecamere e poi trasmessi nei vari notiziari: come comparse involontarie individuabili sullo sfondo che ancora una volta si rivelano veri e propri camei dal protagonismo silenzioso e immutato.

Anna Maria Turra

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